Giovanni Robertini presenta il suo romanzo, Morte di un trapper. Un articolo di Beatrice Ambrosio
È la presentazione del romanzo Morte di un trapper di Giovanni Robertini, tenuta da John Vignola, il secondo appuntamento della quarta giornata del Noir in Festival.
Perfettamente in linea con la tematica del rapporto tra giallo e musica che contraddistingue questa edizione del Festival, il libro racconta del mondo musicale trap e rap, balzato recentemente alle cronache, e allo stesso tempo mostra la realtà di una città, come un romanzo noir dovrebbe fare.
Il racconto è ambientato a Milano, metropoli densa di storie criminali, che si rivela il set perfetto dove inserire le vicende del protagonista, un ex rapper ormai quarantenne che, dopo aver raggiunto il successo venti anni prima, si ritrova oggi in piena crisi di mezza età.
La sua vita, però, subisce una svolta quando, dopo aver visto la foto del cadavere di un giovane tanto somigliante al lui ventenne, decide di andare al funerale dove viene ingaggiato per fare chiarezza sull’omicidio.
Attraverso le indagini vengono mostrati i contesti di degrado dei luoghi di spaccio milanesi e, contemporaneamente, si delineano le differenze tra la generazione di rapper degli anni Novanta, alla quale appartiene il protagonista, e quella di oggi. Questo confronto fa emergere una visione decadente e romantica del rap delle origini, oggi diventato ormai un genere di consumo in cui il denaro e la volontà di arricchirsi sono alla base dell’intento di fare questo tipo di musica.
I rapper e i trapper contemporanei, al contrario dei loro predecessori, vengono da contesti difficili, poveri e disagiati e di conseguenza usano la trap come una potente forma narrativa capace di parlare del mondo in cui vivono. Il loro ambiente è il set di ciò che raccontano ed è questo che lo scrittore vuole che emerga dalla lettura del romanzo: «la trap è narrativa, ha la capacità di dare cattive notizie, fotografa una realtà e ci fa capire che questa realtà non ci piace».