Il regista giapponese, intervistato da Raffaele Meale, ha parlato del suo lavoro. Un’occasione unica per ascoltare uno dei massimi interpreti del cinema contemporaneo, che il Festival ha omaggiato con l’Honorary Award 2020.
«In tempi normali sarei venuto in Italia. Purtroppo sono dovuto rimanere a casa mia in Giappone. Sono curioso di vedere dove ci porterà questa conversazione». Così ha esordito Kurosawa Kiyoshi nell’incontro che lo vedeva protagonista (l’occasione era data dalla consegna dell’Honorary Award 2020), con la complicità di Raffaele Meale, in un fitto dialogo sul suo cinema, sui generi, sulla musica, sulle escursioni in paesi fuori dal Giappone, sugli effetti della pandemia, sullo stato dell’arte in una terra dove ad esempio l’animazione ha conquistato buona parte del mercato.
Il selezionatore della Mostra del Nuovo Cinema di Pesaro e critico della rivista online Quinlan, ha subito fatto riferimento a Moglie di una spia, il film con il quale il regista giapponese lo scorso anno si è aggiudicato a Venezia, il Leone d’Argento.
«Da tanto volevo affrontare la prima metà degli anni Quaranta del secolo scorso in Giappone. Siamo nel pieno del conflitto mondiale, il film non ci porta sui campi di battaglia, bensì in una normale città in tempo di guerra. Si può immaginare che in un contesto del genere, i rapporti tra società e individuo siano particolarmente tesi. Io credo che una tensione analoga esista anche nel presente pur non riuscendo ad affiorare in superficie, nella quotidianità di una metropoli. Dietro l’apparente banalità della vita nel mondo attuale, c’è sempre un rapporto conflittuale tra società e individuo. Ed è questo che volevo descrivere in maniera simbolica. Per realizzare questa idea, pensavo già da molto tempo che quella sarebbe stata l’ambientazione storica adatta».
Meale, di seguito, ha spostato l’attenzione sui diversi generi praticati da Kurosawa Kiyoshi, dal noir all’horror, dal thriller alla fantascienza, linguaggi cinematografici che riescono a individuare le zone più oscure dell’esistenza.
«In primo luogo, amo questo tipo di cinema. Sono film che ho iniziato e poi continuato a vedere sin da quando ero piccolo. I giapponesi della mia generazione, hanno cominciato con i mostri, con Godzilla e compagnia. Erano film cupi con città che venivano distrutte. Andare a cinema significava entrare in una sala buia, dove su un grande schermo osservavi gente che moriva e altre cose terrificanti. Il bello di tutto questo era proprio emozionarsi davanti a queste cose. Io sono cresciuto così e credo sia uno dei motivi principali che oggi mi portano a fare questo tipo di film. C’è un’altra cosa che potrei aggiungere e che ho cominciato a capire lentamente girando i miei lavori – ha proseguito Kurosawa Kiyoshi –. Nel suo sviluppo, la società fondamentalmente tende a eliminare le oscurità e il pauroso. È una cosa naturale. Quindi oggi, in una città normale quello che è oscuro o pauroso è relegato ai margini al punto da rimanere invisibile. Ed è quasi annullato. È comprensibile che in una società accada questo, ma non significa che questo elemento sia completamente eliminato. Se guardiamo bene, ci accorgiamo che da qualche parte è rimasto. E scopriamo che mettere in rilievo l’oscuro e il pauroso permette di descrivere l’aspetto della società in modo sorprendentemente corretto e nitido. Se ci limitassimo alla parte luminosa della società, a quella parte che osserviamo così frequentemente, non ci accorgeremmo di quello che è oscuro e pauroso. Cogliere questi aspetti permette una descrizione più corretta e anche lo spettatore apprezza e accetta la realtà che viene proposta così. Credo che questo conferisca profondità a ciò che si esprime. È una cosa di cui sono diventato consapevole realizzando i miei film».
In conclusione Kurosawa Kiyoshi ha spiegato a Meale e al pubblico, come mai al momento non vi sia nessun film in lavorazione: «Per me, dato che sono una persona all’antica, conservatrice, l’influenza più grande viene dalle immagini che vedo sul grande schermo. CI sono cose che su quello piccolo non si notano. Cose a cui io riesco a fare attenzione solo perché i film li realizzo. La qualità del suono, dell’immagine, l’attenzione per il dettaglio apparentemente insignificante, si riescono a cogliere solo sul grande schermo. Solo vedendo un film al cinema riesco ad ammirare una particolare soluzione e spesso riesco a ricavarne grandi stimoli. Mi scuso di essere tanto conservatore». Scuse accettate, ancor più volentieri, se arriverà il prossimo film.