Un premio alla carriera per il regista giapponese.
Il critico Raffaele Meale incontra Kiyoshi Kurosawa, Honorary Award 2020: un vertiginoso viaggio dagli esordi al Leone d’Argento della Mostra del Cinema, tra horror, mystery, spy story e cinema del disagio.
Nato a Kobe nel 1955, Kiyoshi Kurosawa è oggi uno dei massimi esponenti del cinema giapponese ma la sua vocazione come maestro del cinema di genere lo ha visto esprimersi anche come sceneggiatore, scrittore, critico. Esordisce nel 1983 con un “pinku eiga” come Kandagawa Wars, prodotto direttamente per il fiorente mercato dell’home video, sull’onda di una generazione di talenti che conta anche Takashi Miike e Hideo Nakata. Appassionato alle tematiche del mistero e all’horror, scrive e dirige una quindicina di titoli che svariano dalla commedia ai film di yakuza in poco più di dieci anni. Debutta nel circuito commerciale nel 1997 con Cure, che gli dà fama mondiale anche per il quasi contemporaneo successo di Ringu (diretto da Hideo Nakata) o le assonanze con il lavoro di Takeshi Kitano (Hana-Bi) e mette a fuoco la sua attenzione per la rappresentazione dell’angoscia e del disagio sociale attraverso le inquietanti atmosfere dell’horror. Insieme a Kairo (presentato a Cannes nel 2001) rimane uno dei capisaldi del suo stile sofisticato e influenzato dal rinnovamento dei modelli americani. Tra i suoi capolavori che gli hanno valso l’omaggio di grandi istituzioni (Museo del Cinema di Torino e la Cinémathèque Française) e festival internazionali: Bright Future (2003), Tokyo Sonata (2008), Seventh Code (2013), Creepy (2016), To the Ends of the Earth (2019) in cui riassume le principali tematiche del suo stile. Nel 2020 ha vinto il premio della regia alla Mostra di Venezia con la spy story, La moglie della spia.