Libero da ansie e timori quando fa cinema, Gabriele Salvatores si racconta, con la complicità di Paola Jacobbi, nel libro autobiografico «Lasciateci perdere». Un articolo di Beatrice Ambrosio
«Detesto le mattine perché i miei demoni si svegliano all’alba. Alzarmi è una fatica…così finisce che preferisco le ore dei tramonti e delle notti». È con queste parole che si apre il libro autobiografico del regista Premio Oscar, Gabriele Salvatores, ospite dell’ultima giornata del Noir in Festival, nell’incontro condotto da Paola Jacobbi e Gianni Canova.
L’elemento della notte, fortemente presente anche nella sua filmografia, è ciò che dà il via all’impronta noir che percorre Lasciateci perdere (Rizzoli), un’autobiografia da lui definita più somigliante a una seduta di psicoanalisi. Salvatores, infatti, afferma: «Non volevo parlare di me in prima persona. È stata Paola Jacobbi a convincermi. Mi ha proposto di parlare liberamente e da queste lunghe conversazioni ha preso forma il libro. È venuto fuori divertendoci a ricordare le cose».
Dopo una vita a raccontare gli altri, questo libro, per il regista è stata l’occasione per raccontarsi, nonostante pure nei suoi film siano presenti molte riflessioni biografiche e personali.
Molte di sicuro, sono le tracce noir che si possono trovare nei suoi titoli. Primo tra tutti, Nirvana che colloca Salvatores tra coloro che hanno ridato vigore al genere in Italia: «Se ho dato un piccolo contributo al cinema italiano, è successo dopo aver vinto l’Oscar con Mediterraneo. Ho deciso di sfruttare questo potere per realizzare film che in Italia non avrebbero lasciato fare ad altri registi».
E riguardo al tema prosegue: «Il noir è una maniera distorta di guardare la realtà. È una lente, non perfettamente a fuoco sulle cose, che permette di vederne un lato diverso. Non è un genere, è un sentire. Ecco cosa considero noir, l’imprevedibilità e l’impossibilità di controllare ciò che accade».
E questo lasciarsi andare, è anche il sentimento che caratterizza la sua esperienza da regista: «Nella vita ho molte ansie e timori, invece durante le riprese, paradossalmente, mi abbandono al fatto di dover sfruttare quel momento. Il set – conclude Salvatores – è l’unico posto dove non ho paura».