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  Il fiore del male  
 
autore
Renato Vallanzasca
Carlo Bonini
Tropea
Ha passato quasi quaranta anni in prigione, oggi di anni ne ha quasi sessanta. Renato Vallanzasca «è nato bandito, è questo che sapeva fare», anche se oggi, come dice Bonini, «dovrebbe tornare libero, perché non è più quello che è stato fino a 13 anni fa: ha chiuso col passato. E se si crede che il carcere debba anche rieducare, Vallanzasca merita di vivere il resto della sua vita fuori. È un uomo dalla personalità fortissima, con un talento innato: è vivace, ha immaginazione, è intelligente, svelto, intuitivo, ricettivo. Come dice lui, se fosse stato uno scienziato, avrebbe vinto il premio Nobel». Figura dell’immaginario collettivo italiano, Vallanzasca è stato l’emblema di una vita violenta, protagonista di imprese memorabili: l’evasione del 1976, per esempio, quando, si procurò un'epatite attraverso una cura massiccia di uova marce, iniezioni di urina e di sangue infetto, così da essere ricoverato in ospedale e riuscire a fuggire grazie alla complicità di un poliziotto. Una delle icone di una città e di una epoca: la Milano violenta degli anni Settanta. «Quaranta anni fa - dice Vallanzasca - Milano era più cupa, più sporca. Ma ad avere paura era solo chi aveva il grano. Le porte delle case restavano aperte. Gli operai che tiravano la lima alla Marelli lasciavano i ragazzi alla vicina o in cortile. Oggi chi ha il grano paura non ne ha più. La paura è dei disgraziati. Paura di essere scippati, violentati, accoltellati».
Un racconto senza compiacimenti, facili ipocrisie o sospette conversioni, che parte dalla sua infanzia, i primi gesti - aprire le gabbie degli animali di un circo - vandalici solo all’apparenza, i furti di figurine, le prime volte in questura. E poi il salto di qualità, il primo arresto da professionista nel 1972, le evasioni, gli omicidi, le rapine, i sequestri. E la banda della Comasina, composta da Antonio Colia, Rossano Cochis, Vito Pesce, Claudio Gatti, Mario Carluccio e Antonio Furiato, con Vallanzasca a capo, responsabile di un altro caso che in quegli anni in Italia fece molto clamore, il sequestro di Emanuela Trapani, figlia di un noto imprenditore milanese, che, alla fine, di Vallanzasca si innamorò. Un lungo viaggio, fino alle richieste di grazia: «Perché dovrebbe essermi concessa? Onestamente non lo so. Pensandoci mi sovvengono molte più ragioni per non concedermela, visto i tanti disastri da me commessi. Sì, ne ho combinate decisamente troppe, anche se qualcuna in meno di quante alla fine mi sono state attribuite o di cui mi sono accusato. Non penso di dover giurare contrizioni e cambiamenti: mi sembrerebbe ipocrita, oltre che irriguardoso per le mie vittime e i loro parenti. Tanto più che un radicale cambiamento e la voglia di confrontarmi con la realtà mi paiono sicuramente più espliciti (visto anche il comportamento che ormai da anni sto mantenendo) che non tante parole», diceva nella lettera che scrisse al Presidente Ciampi. Grazia che gli è stata negata, una seconda volta, anche dal Presidente Napolitano nel settembre 2007.
Il fiore del male è una confessione ma è anche l’avvincente orazione funebre per un mondo che non esiste più: «Oggi, se facessi il bandito, vivrei tre giorni - dice Vallanzasca - Perché o troverei uno che mi ammazza direttamente o che mi fa ammazzare per cento euro. Bruciano barboni per noia. Mandano a battere le bambine o le schiave. Per il grano o per un tiro di quella merda che manda in pappa il cervello, sono disposti a tutto. La malavita non esiste più. Niente regole, niente onore, niente amicizia, niente rispetto».
Una confessione laica («Io non sono un pentito, non sono cattolico e forse non sono nemmeno cristiano. Io ho una visione critica del mio passato e di quello che ho fatto») che Bonini e Vallanzasca hanno sentito la necessità di ripresentare a dieci anni di distanza, alla vigilia del film che Michele Placido, con Kim Rossi Stuart nei panni del bandito, sta per girare. «Un film – dice Placido – che non potrà prescindere dal contesto milanese dell’epoca, con le prime eclatanti corruzioni pubbliche, il riciclaggio del denaro dei sequestri di persona, i “colletti bianchi” e la commistione tra finanza “pulita” e finanza “sporca”».

 
07/12/2009  ore 16:00
Jardin de l'Ange
 
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