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autore |
Don Winslow |
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Einaudi |
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A 63 anni Frankie “Machine” Machianno, è in ottima forma, vive bene con se stesso, è un ottimo cuoco e un amante della buona cucina. Ha una bella fidanzata indipendente, Donna, proprietaria di una boutique di alta moda, ascolta la Bohéme, vende esche, pesce fresco, amministra le case che ha comprato con i propri risparmi, dispensa consigli, ha un proprio codice d’onore e, ogni giorno, si fa la sua cavalcata sul surf. «Io sono un surfista veramente negato – dice Winslow – la maggior parte delle volte cado e nuoto. Ma in un modo o nell’altro questo fa parte della mia vita. Ovviamente lo faccio solo per divertirmi, ma l’Oceano mi dà concentrazione e rilassamento. E non c’è niente di più bello che una buona sessione sul surf, una doccia calda, e poi una grande mangiata». Frankie si gode la vita, ha recuperato il rapporto con Jill, la figlia che oggi studia all’università e lo tormenta con prediche sui pericoli del colesterolo. Ogni tanto Patty, la prima moglie, lo trascina nella nostalgia dei tempi andati. E nel suo passato c’è la guerra in Vietnam, dove ha imparato a uccidere, le arti marziali e una famiglia mafiosa. E nel suo passato c’è anche una carriera criminale. Frankie era un sicario, abilissimo, uno dei killer più spietati della mafia californiana. Oggi è cambiato, ma deve tornare in pista per un ultimo incarico, per salvare pelle e onore. «Le persone sono il prodotto del loro passato, e provare a reinventarsi durante gli anni della pensione è sempre molto problematico. Usando una terminologia buddista, ognuno di noi si porta il proprio Karma. Presto o tardi dobbiamo scendere a patti con le conseguenze delle nostre azioni, siano esse positive o negative». In fuga da un nemico che non riesce bene a individuare, Frank ripercorre tutte le tappe della sua carriera, i primi omicidi, l’amicizia con Mike Pella, Herbie Godstein, la guerra dello strip club, la crisi del matrimonio con Patty. Scorgere tra i suoi nemici chi lo voglia vedere morto è una lotta contro il tempo, specie se in questa guerra qualcuno fa il doppio gioco. «A me non piace la “bella gente” e non mi emoziono ai loro problemi: di che colore devo comprare la Mercedes, la babysitter o il personal trainer. I miei interessi e le mie simpatie vanno verso le persone che si svegliano presto la mattina, e provano a vivere la loro vita». E Frank, che non è una “bella persona”, oltre a se stesso, deve anche pensare a proteggere quello che, dopo una vita di omicidi, gli rimane di più caro: le persone che ama. «Sono affascinato dalla California del Sud, nelle sue diversità geografiche, culturali, economiche ed etiche. È anche il posto dove è finito il sogno americano, dove la gente va per potersi reinventare». Non è facile comunque, reinventarsi, soprattutto quando si proviene da un ambiente come quello da cui proviene Frank. «Il mondo della malavita è un mondo che esercita un suo fascino, che soddisfa, in qualche modo, il desiderio di potere. Sarebbe bello se potessimo risolvere i nostri problemi con un semplice cenno del capo, come fanno Marlon Brando o Al Pacino. Ma sono fantasie, la realtà, ovviamente, è molto diversa. Penso inoltre che gli esseri umani non siano mai unidimensionali. Abbiamo tutti buone e cattive qualità. Non credo che sia giusto descrivere un carattere e dargli una connotazione solamente negativa, in questo modo hai solo una silhouette. È noioso. Penso che abbiamo il dovere almeno di provare a vedere il mondo attraverso gli occhi degli altri. Poi possiamo approvare o meno, ma abbiamo il compito di provarci e di mostrarlo». |
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07/12/2008 ore 16:45 Jardin de l'Ange |
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