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autore |
Patrick Fogli |
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Piemme |
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Uno sfondo reale, come era reale quello dei primi due libri di Fogli. Questa volta tutto comincia una mattina di novembre, quando sei uomini armati entrano in una banca. È una comune rapina, che si porta dietro un cadavere, che fa cambiare di colpo la vita di Francesco, un ragazzo in gamba nato nel 1975, un tranquillo impiego in banca. Ha perso la madre, ma soprattutto crede di aver perso il padre, il 2 agosto 1980, ucciso alla stazione di Bologna insieme ad altre 85 persone, in una strage sulla quale ci sono ancora mille dubbi. Sono passati molti anni da quel giorno, ma è oggi che Francesco riceve un pacchetto con dentro un libro, un indirizzo e un foglietto, una pagina del diario di suo padre. E un invito perentorio: “parliamone subito”. Torna così attuale un passato che si pretende lontano. Ma non sono trascorsi nemmeno trenta anni dalla fine degli anni Settanta. Una loggia massonica che ha al suo interno militari, politici, uomini dei servizi segreti, banchieri e bancarottieri. E amici all’estero, in Vaticano, in Sicilia. Ragazzi di vent’anni che diventano il più pericoloso gruppo terroristico di estrema destra. Un’organizzazione clandestina che cambia faccia, ma non cambia uomini, non cambia ideali. Due magistrati che tentano di capire. E un uomo che qualcuno chiama 86, che molti vorrebbero uccidere insieme ai suoi segreti e che Francesco, invece, vorrebbe conoscere. Personaggi inventati, certo, ma dietro i quali si possono intravedere i ritratti dei veri protagonisti della strategia della tensione, da Licio Gelli a Michele Sindona, passando per Roberto Calvi, l’Ordine Nuovo di Pino Rauti, l’Avanguardia Nazionale di Stefano Delle Chiaie, la Banda della Magliana. Dice Fogli: «Questo è un romanzo, costruito leggendo migliaia di pagine di atti giudiziari, di saggi, ascoltando le parole dei testimoni e dei giornalisti, visionando filmati, ragionando su ipotesi e sentenze». Il presente viene da quegli anni, dalla loro storia, dal racconto di quell’Italia e di quanto è successo prima e dopo l’esplosione alla stazione di Bologna. «Il mio è un romanzo politico e, anche se avevo solo nove anni, come tutti i bolognesi mi ricordo molto bene di quel giorno. Ho pensato di costruire il libro partendo proprio da questa tragedia per fare prima di tutto un po’ il punto sulla situazione. Quando si parla della strage infatti si sente parlare di qualsiasi cosa: per la mia generazione si tratta di un periodo buio, una sorta di buco nero; a scuola ovviamente non te lo insegnano, e se non si hanno interessi particolari non se ne sa nulla. Il mio è un interesse per la nostra storia contemporanea, per una storia che non ho mai sentito raccontare per intero. Ho passato tre anni leggendo di tutto, ma non volevo raccontare l’evento giudiziario perché su quello c’è già una sentenza passata in giudicato. Volevo parlare dell’evento storico, raccontare la storia per quello che era. Un libro politico, quindi, ma non un libro di parte». Non solo Bologna e la strage, quindi, ma lo spaccato di un periodo che parte con la strage di piazza Fontana e sul quale ci sono ancora molte ombre. «Secondo me la memoria di quel periodo è completamente scomparsa, è stata cancellata. C’è stato un sondaggio, ultimamente, dal quale emergeva che moltissimi ragazzi pensavano che la strage di Bologna fosse stata opera delle Brigate Rosse o della mafia, fino ad arrivare a un test per un corso di laurea post universitario di scienze e politiche dove nessuno ha saputo dire a quale partito appartenesse Aldo Moro. Il mio paradossalmente, in alcuni momenti potrebbe sembrare un racconto di fantascienza, ma questo perché è molto difficile raccontare quegli anni». Il tema trattato ne Il tempo infranto ha fatto si che anche lo stile della scrittura sia diverso da quella che Fogli aveva esibito nei primi romanzi, e probabilmente lo influenzerà ancora: «La mia idea per il prossimo libro è prendere uno dei tantissimi personaggi di quella storia e raccontare quello che gli succede».
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08/12/2008 ore 11:30 Jardin de l'Ange |
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