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autore |
Sharon J Bolton |
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Mondadori |
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Tora Hamilton ha deciso di trasferirsi, assieme al marito, alle isole Shetland. È un medico, specializzata in ginecologia, abituata alla frenetica vita d’ospedale e si ritrova in una comunità fatta di eterni e immutabili riti, in mezzo a una natura aspra e affascinante. Una domenica mattina, mentre scava una buca per seppellire un animale domestico, Tora scopre il cadavere di una donna. Il corpo, perfettamente conservato, mostra evidente lo strappo sul petto che l’assassino ha fatto per poter togliere il cuore della donna. Sulla schiena, incisi a sangue, tre simboli runici. È Tora stessa a fare l’autopsia di questo corpo e il risultato è sorprendente: la donna, al momento della morte, aveva appena partorito. Sarà Tora a cercare di capire chi fosse e che fine abbia fatto il bambino, investigando tra i silenzi e le tradizioni del popolo delle Shetland. «Proprio perché, per mestiere, Tora fa nascere la vita, quando viene in contatto con una morte innaturale prova immediatamente l’istinto di combatterla. E usa le sue competenze scientifiche per arrivare là dove gli investigatori non avrebbero potuto spingersi». Sacrificio ha avuto una lunga gestazione: «Penso di poter trovare le prime tracce dell’idea originaria il 31 dicembre del 1995, quando stavo seduta sulla piazza di un piccolo villaggio in Austria, guardando alcune persone ballare sulla neve. È lì che ho iniziato a pensare alla storia di una donna che voleva disperatamente rimanere incinta, e che questo desiderio potesse distruggerle la vita. Proprio per le sue origini austriache, ho voluto porre alla base della trama una leggenda germanica, e così ho iniziato le ricerche sulla mitologia tedesca e scandinava». Il romanzo richiama infatti vecchie storie sui Troll, e una leggenda che la Bolton ha scovato nella biblioteca di Aylesbury a proposito di una razza di maschi sovrannaturali che rubano la vita di una donna umana al fine di perpetuare la loro specie. Queste storie finiscono sempre nello stesso modo: la donna muore, il bambino sopravvive. Una storia scritta senza mai andare nelle Shetland (il viaggio sarebbe stato troppo lungo e la Bolton aveva all’epoca un bambino troppo piccolo), ma studiando mappe, materiali in Internet e alcune fotografie: cosa che non ha impedito all’autrice di riuscire a ricreare fedelmente le atmosfere che si respirano davvero sull’isola. «È assolutamente impossibile inserire persone reali dentro un racconto. La gente vera non fa mai quello di cui hai bisogno. Certo, prendo piccole pezzi di persone che conosco, un nome, un taglio di capelli, piccoli particolari. Al contrario c’è molto di Andrew (il marito) in Duncan. Ma Tora non mi assomiglia. Ho il sospetto di aver creato una donna che è come mi sarebbe piaciuto essere, ma penso di averle dato anche molti dei miei difetti». Inevitabile il paragone tra Tora Hamilton e un’altra dottoressa detective, la Kay Scarpetta creata ormai 18 anni fa dalla penna di Patricia Cornwell. «Sono due medici che hanno l’innata capacità di scoprire la verità, ma qui le similitudini si fermano. La mia Tora è molto più giovane, molto meno ambiziosa e poi … è già tanto se riesce a ficcare un piatto nel microonde. Non è certo una cuoca raffinata come la Scarpetta». I suoi riferimenti sono altri: Dickens, Charlotte Bronte, Jane Austen, Anthony Trollope. «Per quanto riguarda la letteratura criminale, penso che Margaret Yorke sia, nel suo genere una delle più importanti scrittrici inglesi. E ovviamente sono una grande fan di Dan Brown. Adoro la complessità dei suoi racconti, i finali, la profondità della sua ricerca». Per quanto riguarda il futuro di Tora, Sharon Bolton ha in mente un’altra avventura, ma per il momento pensa proprio che Tora abbia bisogno di tirare per un po’ i remi in barca.
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06/12/2008 ore 16:00 Jardin de l'Ange |
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