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Al caffè del silenzio |
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autore |
Giorgio Todde |
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Il Maestrale |
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Benedetta, arrossita perché rifiutata dal biondo e angelico Wolf, da allora – sono passati nove anni – si porta sulla pelle un vermiglio indecente che chiede vendetta. Marilena, poiché il dottore quand’era ragazza le ha diagnosticato sensi e umori esagerati, la chiamano Uterina: soprattutto in famiglia, nelle stanze dove lei prova ad avvilire la sua natura esorbitante. Un giorno Uterina vede Wolf che sta pescando in solitudine in fondo al molo, e anche lei se ne innamora. Lui è un seguace della precisione sublime rifinita sui banchi del laboratorio di Osvald Thurn, riparatore d’orologi, cultore del gesto perfetto. L’altro grande allievo di Mastro Osvald, Matteo, viene trovato assassinato, morto per acqua, legato mani e piedi e gettato in mare. Una morte pulita, quasi quanto la morte in apparenza naturale di Saveria, nonna di Uterina, dimenticata nel paese di pietra incastonato nella montagna che osserva in fondo la città sul golfo. Qui, nel quartiere alto sulla rocca, c’è il Caffè del Silenzio dove chi è stanco delle parole va ad applicarsi in un mutismo sedativo. Qui, in città, le anomalie stuzzicano i ragionamenti di Silvano Pandimiglio, faccia da felino triste, che ha appena lasciato la polizia perché non sopportava il tanfo di questura e i colleghi non sopportavano le sue pedanterie. L’inizio, solo l’inizio di un tortuoso viaggio investigativo dove corpo e psiche si fondono in una misura di follia.
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