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  Mendoza, Wright e Carlotto
Raccontare le nuove mafie
 
 
 15/12/2012 
In una Courmayeur innevata, Élmer Mendoza, messicano, per raccontare altre storie ma che hanno sempre come interprete principale le piste bianche: quelle della coca, stavolta. E delle nuove mafie. Protagonista del suo Il cartello del Pacifico è Edgar Mendieta: «Un uomo di 43 anni - così lo descrive l’autore - che non ha ancora risolto i suoi problemi sentimentali. Ed è proprio la donna che amava, e con la quale non era riuscito a compiere il passo definitivo (in pratica sposarla), ad essere trovata morta. Era una donna molto bella, io penso che tutti noi siamo destinati a soccombere davanti ad una persona molto bella, che sia donna, uomo o di un terzo genere. Ovviamente Edgar non riuscirà ad essere lucido durante le indagini, si sbaglierà spesso, accecato dalla rabbia». Un libro, questo, raccontato con un personalissimo stile: dialoghi velocissimi, una terza voce che sembra far precedere gli avvenimenti: «Lo stile mi preoccupa moltissimo. Un autore deve avere uno stile che lo identifica. Io vorrei che un lettore, aprendo una mia pagina a caso, possa riconoscermi. Cerco di elaborare una forma unica, non copiata e non possibile da copiare, e poi la modifico ogni volta, in modo da essere sempre originale. Lavoro molto sul tono, sul ritmo, sul modo in cui parlano i personaggi. Per questo faccio molta attenzione alla lingua, ed anche al modo in cui i miei libri vengono tradotti».
Con la mafia si confronta anche Evan Wright, che ha scritto la biografia de Il Re, Jon Riccobono (vero nome di Jon Roberts), boss di Miami, informatore dell'FBI, amico di Jimi Hendrix e Manuel Noriega, morto di cancro l’anno scorso. Wright proviene dal giornalismo, è stato nei luoghi di guerra, ha svolto indagini sui neonazisti americani. E cerca sempre di astenersi dai giudizi, di far valutare direttamente al lettore il valore morale delle situazioni e dei personaggi che racconta. «Jon era un personaggio strano. Sono stato nella sua casa a Miami cinque volta, per diversi mesi nell’arco di tre anni. Era un ospite molto premuroso: una volta dissi che mi piacevano i mirtilli, e da allora ogni mattina mi faceva trovare dei mirtilli a colazione. Ma era anche capace di prendere il cane del figlio di nove anni, una bestia pesantissima, e lanciarla contro un muro perché aveva bagnato il pavimento. Era un personaggio molto complesso, ed era un nuovo mafioso. Ai suoi inizi, erano gli anni in cui i figli dei grandi padrini iniziavano a spacciare droga, ma tenendolo nascosto ai loro genitori che non avrebbero mai accettato la situazione. E lui rubava a queste persone, che non potevano rivalersi su di lui, se no si sarebbero dovuti svelare agli occhi dei genitori. Di lui si dice che abbia ispirato Scarface, ma il personaggio del film di De Palma era molto diverso. Jon auspicava un mondo senza armi e senza violenza. Ben altri erano i pazzi. Penso a Albert San Pedro, per esempio, che nel libro viene raccontato: strabico, violentissimo».
Il mondo di Jon Riccobono è un mondo senza morale, o almeno, dove vige una morale molto personale, esattamente come la Marsiglia di questi anni, raccontata da Massimo Carlotto, che ha presentato Respiro Corto.
«Marsiglia sarà dal prossimo primo gennaio la capitale europea della cultura - dice Carlotto - per il momento è la capitale della criminalità, con una polizia corrotta e violenta. Sono all’ordine del giorno gli arresti tra i poliziotti: hanno appena messo in prigione 18 dirigenti della Brigata Anticriminale; il capo della polizia della regione è stato arrestato per molestie sessuali; il Ministro degli interni del governo Hollande passa più tempo a Marsiglia che a Parigi. È una città che sta cambiando volto, molti quartieri li devono ricostruire, molti quartieri nuovi stanno per nascere. Il giro degli appalti è vorticoso. Ma è anche una città molto politicizzata, con il Fronte Nazionale che domina, e con un violento scontro sulla droga che è soprattutto scontro sociale, nel quale gli abitanti dei quartieri a Nord parteggiano apertamente per quelli che noi consideriamo i cattivi. Una città dove chi muore ammazzato ha in media 20 anni. Ma è anche una città allegra, dove chi vive ci vive bene. Una città mediterranea, un corpo estraneo alla cultura francese».