|
|
|
|
Rapporti confidenziali Sacha Gervasi, Cosimo Fusco e Carl Colby
indagano le relazioni umane |
|
|
|
|
12/12/2012 |
|
|
|
Il primo incontro de I protagonisti del cinema al Jardin De L’Ange ha visto la presenza di tre nomi di grande rilievo: Sacha Gervasi, regista di Hitchcock, film d’apertura del Festival (nelle sale italiane a fine febbraio); Cosimo Fusco, coprotagonista in Berberian Sound Studio, primo film in Concorso proiettato ieri pomeriggio; Carl Colby, figlio di William Colby, agente della CIA al quale ha dedicato il suo nuovo documentario, The Man Nobody Knew, presentato questa mattina nella sezione DocNoir. Tutti e tre hanno parlato dei rapporti umani dentro e fuori il set, mostrando quanto sia labile il confine tra i due mondi.
«A sessant’anni Hitchcock voleva rischiare il tutto per tutto, aveva bisogno di ricordare a se stesso che era ancora capace di sorprendere il pubblico» racconta Gervasi, parlando di cosa l’ha spinto a cimentarsi con questo film «Quest’idea mi ha ispirato molto, dal momento che anch’io ho autoprodotto il mio documentario Anvil! The Story of Anvil. Mi interessava in particolare sviluppare la relazione conla moglie, Alma. Una vera e propria rivelazione scoprire quanto fosse stata importante per Hitchcock. Penso sia stato l’entusiasmo con cui ho proposto questa storia mai raccontata ad aver spinto la Fox Searchlight a scegliere me come regista del film».
Parlando del rapporto sul set, Gervasi ha elogiato il lavoro di gruppo: « Hitchcock era un uomo aperto all’ascolto e alle idee altrui. Fare un film è un’arte collettiva; si può essere un grande regista ma senza grandi collaboratori non si va da nessuna parte». A proposito del suo rapporto con i due attori protagonisti, invece, ha affermato: «Erano dieci anni che si cercava di fare questo film. Quando mi sono trovato al cospetto di Anthony Hopkins e Helen Mirren ero molto agitato all’idea di doverli dirigere. Lavorare con loro è stata una meravigliosa doppia esperienza, come regista e come spettatore. Sapevano che era il mio primo film, per questo sono stati gentilissimi, sostenendomi e dandomi suggerimenti dove serviva. In più, si sono divertiti moltissimo tra di loro, si è creato un rapporto molto confidenziale».
Se il film di Gervasi, in quanto opera di finzione, si prende qualche licenza poetica sulle reali vicende della vita del maestro della suspense, il libro da cui è tratto, di Stephen Rebello, Alfred Hitchcock and the Making of Psycho, in uscita il prossimo 6 febbraio per l’editore Il Castoro, esplora con meticolosa precisione la lavorazione del film.
Parla della sua esperienza sul set anche Cosimo Fusco, coprotagonista assieme a Toby Jones di Berberian Sound Studio: «Già dalla lettura del trattamento ho pensato che questo film fosse geniale; può piacere o non piacere, ma è un’esperienza sensoriale che rimane dentro lo spettatore. Essendo un film low budget, nei soli due incontri con il regista Peter Strickland che hanno preceduto le riprese, abbiamo fatto sia il reading che le prove; con Toby Jones c’è stata subito una particolare alchimia, bastava ci guardassimo negli occhi per capirci».
È un’intesa del tutto diversa, quasi indiretta, quella che ha invece Carl Colby con suo padre nel documentario The Man Nobody Knew: «Faccio documentari da quando ho vent’anni. A un certo punto ho deciso di farne uno anche sulla vita di mio padre. Avrei potuto intervistarlo di persona, e lui avrebbe potuto dirmi moltissime cose sulla situazione politica di qualsiasi paese del mondo. Ma se gli avessi chiesto qualcosa sulla nostra famiglia, lui non avrebbe saputo dirmi niente, come se le emozioni non appartenessero al suo mondo. Così, ho deciso di intervistare mia madre e raccogliere tante foto del nostro passato, per raccontare un uomo che nessuno conosceva».
A riguardo invece della lavorazione del documentario, ha raccontato: «Ho impiegato cinque anni per fare questo film, rallentato da molte interviste che ho faticato a lungo prima di ottenere. Reperire gli altri materiali non è stato difficile, sebbene abbia tristemente constatato che in molti archivi del mondo non ci sono più soldi per gestire le informazioni, che finiscono per essere perse o vendute ad aziende private. Sarebbe molto pericoloso per la nostra società perdere questi materiali».
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|