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  Arrampicandosi sul giallo
Mangart di Andrea Gennari Daneri
 
 
 10/12/2012 
Massimo Carlotto, Roberto Costantini, Massimo Lugli, e tanti altri. E poi i finalisti dello Scerbanenco. È foltissima la pattuglia italiana che si susseguiranno al Jardin de l’Ange per presentare i loro libri. Tra loro anche Andrea Gennari Daneri, alpinista, direttore della rivista di montagna «Pareti», scrittore esordiente, che, presentato da Marina Fabbri, ha dato il via alle Conversazioni presentando il suo Mangart. A dare il nome al romanzo è una montagna, situata al confine tra Italia e Slovenia «In realtà più che una montagna si tratta di un gruppo montagnoso - dice Gennari Daneri - dove è presente una parete a strapiombo di 800 metri, il Piccolo Mangart di Coritenza. Una montagna simbolo, posta al confine, e dove un grande alpinista del passato, Renato Casarotto, compì una famosa ascensione in solitaria. Casarotto, per me, è fonte di ispirazione, simbolo di quello che è l’alpinismo».
La storia del romanzo parte dal 2005, ma rimanda a fatti successi dodici anni prima, nel maggio 1993, alla Guerra in Jugoslavia, una guerra «combattuta usando metodologie medioevali, dove, pur di risparmiare i soldi delle pallottole, la gente la si sgozzava». Un romanzo che mette in contatto la microstoria, i piccoli paesi di montagna con il loro carico di freddo e squallore, con la grande storia contemporanea, la Guerra, le stragi di cui l’Italia è stata vittima, Ustica o il Cermis, argomenti che nel libro fanno da sottofondo «una sorta di atmosfera, come gli elicotteri del film di Clint Eastwood, Mystic River, che non si vedono ma il cui rumore è sempre presente».
Un romanzo, di montagne, spie e uomini, che deve molto alle passioni dello scrittore, la montagna, certo, ma anche il romanzo giallo «Da bambino ero una specie di nerd. Leggevo tutto quello che mi capitava, anche grazie a mia madre che era professoressa, e leggevo molti gialli per ragazzi. Poi sono passato a leggere i libri direttamente in inglese e quindi mi sono avvicinato alla grande letteratura poliziesca anglo americana, affiancando autori italiani che mi piacciono, come Guccini o Loriano Macchiavelli, a, per esempio, Don Winslow (che qui a Courmayeur fra qualche giorno riceverà il Premio Raymond Chandler), ai suoi libri, dove affianco alle tragedie c’è sempre una parte di ironia, come ho cercato di fare anche io. Penso che all’interno di un libro, così come nella vita, ci debba essere un po’ tutto, perché mi piace l’idea che il mio lettore possa prendere un po’ d’aria, durante la lettura, e quei momenti ironici e leggeri, sono proprio i momenti di aria. Così come non mi piacciono quei romanzi nei quali gli scrittori impiegano molto tempo per costruire un evento, e poi lo risolvono in tre righe. A me piace raccontare i fatti riprendendoli da diversi punti di vista, come fosse un film».
Per questo libro, Gennari Daneri non si è rivolto ad una grande casa editrice. «Visto che i guadagni per uno scrittore esordiente sono sempre minimi, ho pensato che avevo bisogno della massima libertà. Non avevo voglia di cambiare il titolo del libro, che secondo alcuni è troppo corto, non avevo voglia di aggiungere scene di sesso per renderlo più appetibile. Ho pensato che il modo migliore di farlo uscire, fosse non renderlo un prodotto, omologo a tanti altri libri, scritti tutti sempre secondo i medesimi criteri».