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Il cinema a tutto... genere di Stephen Frears |
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10/12/2011 |
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È diretto e schietto, senza peli sulla lingua e con una raccolta di aneddoti talmente lunga da competere con quella di Andrea Camilleri, il regista Stephen Frears, che il Festival ha deciso quest’anno di omaggiare. Oltre a vedere sul grande schermo due lavori di Frears, Gumshoe (Sequestro pericoloso) e Fail Safe (A prova d'errore), il pubblico lo ha incontrato al Jardin de l’Ange, in un appuntamento affollato e moderato da Adrian Wootton.
Il regista britannico ha alle sue spalle una carriera ricchissima di lavori cinematografici e televisivi, che rappresentano un punto di riferimento nella produzione audiovisiva inglese; si va dai recenti Tamara Drewe e The Queen ai più datati Sequestro pericoloso, Rischiose abitudini ed Eroe per caso, passando per lavori televisivi come A prova d'errore e The Deal. Un autore prolifico, umile e non facilmente inquadrabile in etichette, come i suoi film. Ma, soprattutto, un uomo di cinema. Infatti, parlando di Gumshoe, nel loro saggio dedicato a Frears, Stefano Boni e Massimo Quaglia affermano: «Frears e il suo sceneggiatore Neville Smith, più che interessarsi a operazioni di metacinema e di riflessione sui linguaggi, appaiono lucidamente vogliosi di fare cinema con il cinema, di lavorare sul corpo mitico che il noir rappresenta, di nutrirsene e ricrearlo con passione».
Di fronte alle domande di critica e pubblico, che lo incalzano su temi come la sua segreta visione del cinema, i motivi per cui fa un film piuttosto che un altro, Frears sorride e con semplicità afferma: «Non ho alcun piano nel dirigere i miei film. Sono più che altro guidato dal mio inconscio; quando mi guardo alle spalle capisco il perché della scelta di alcune sceneggiature piuttosto che di altre. All’inizio cercavo solo di imparare a fare il regista. Facevo il regista di quello che mi chiedevano di dirigere. Poi ho cominciato a fare dei film che mi interessavano veramente. Ad ogni modo funziona più o meno così: io sto a casa, la gente mi manda delle sceneggiature. E lavoro a un progetto per volta, è già abbastanza difficile così!».
Rimarcando la linearità con cui affronta il proprio lavoro, di Fail Safe, elogiato durante l’incontro come un esercizio di stile, Frears racconta, ridendo: «Ero a casa. Mi ha chiamato George Clooney, domandandomi se avessi mai fatto televisione live. Pensai subito a Mike Newell; l’idea di fare un film dal vivo, in presa diretta, mi divertiva molto. Decidemmo di fare un remake del buon film di Sidney Lumet del 1964. È interessante che lo definiate un esercizio di stile, perché non lo fu affatto!».
Ricordando uno dei suoi film più famosi, The Grifters, tratto dall’omonimo romanzo di Jim Thompson e con Angelica Huston, John Cusack e Annette Bening, Frears racconta: «Martin Scorsese vide me, questo stupido inglese che faceva film eccentrici, e pensò che fossi la persona giusta per portare questo romanzo su grande schermo. Quando mi è stato chiesto di fare questo film, mi sono domandato: come faccio? Bisognava trovare innanzitutto qualcuno in grado di realizzare la sceneggiatura. Lo proposi a Donald E. Westlake, che si convinse solo dopo aver saputo che la storia trattava quasi esclusivamente di donne!».
Per quanto riguarda, invece, i suoi progetti sognati e quelli non ancora realizzati, dice: «Avrei voluto lavorare su una fantastica sceneggiatura sul movimento dei diritti civili in America, è un delitto che quel film non sia stato girato! Al momento, invece, sono al lavoro su Lay the Favorite, che racconta delle memorie di una giovane donna americana, che va a Las Vegas per fare la barista e finisce per essere coinvolta in una storia di gangster».
Conclude con una piccola confessione divertita: «Stamattina avete dedicato alla figura di Charles Dickens un incontro, in vista del bicentenario dalla sua nascita. Non ho mai incontrato un regista in Gran Bretagna che volesse rappresentare Dickens; solo i produttori amano proporlo. Ve lo dico: sono già depresso all’idea dei festeggiamenti del prossimo anno!». |
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