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  We Need to Talk About Julian  
 
 10/12/2011 
Sempre di più la realtà supera la fantasia. Sempre di più il reale si tinge di giallo. I complotti si susseguono: dalla Francia agli Stati Uniti con Dominique Strauss-Kahn, in Russia con Khodorkovsky (sul quale Cyrill Tuschi ha presentato sempre qui a Courmayeur l’omonimo documentario), in Svezia con Julian Assange, il geniale hacker, ideatore di WikiLeaks, del quale sono venuti a parlare David Leigh e Luke Daniel Harding i due giornalisti del «Guardian» protagonisti della pubblicazione di decine di migliaia di documenti e autori di WikiLeaks La battaglia di Julian Assange contro il segreto di Stato.

«Julian Assange - hanno raccontato i due autori all’incontro al Jardin de l’Ange - è un personaggio molto particolare. Ha interrotto tutti i rapporti con il «Guardian» per una storia che non ha senso: ci ha accusati di aver diffuso una password che avrebbe messo a repentaglio la sua vita. In realtà si è arrabbiato con noi perché nel nostro libro parliamo anche della violenza carnale della quale è accusato. Una storia che speriamo lo veda presente nel processo in Svezia, anche perché rischia soltanto una multa. Julian è una persona molto affascinante e anche molto intelligente, ma sembra venuto da un altro pianeta. In gioventù ha avuto molti problemi con i genitori. Ha litigato con tutti i collaboratori, con il suo editore, con tutti noi. Come Mark Zuckerberg o Steve Jobs è riuscito, grazie alle nuove tecnologie, a fare cose straordinarie e a lasciare un segno indelebile nel tempo, È un fenomeno dell’età moderna, e WikiLeaks è in realtà il suo grande show».

La storia di WikiLeaks è anche la storia dei due coprotagonisti: Bradley Manning e Adrian Lamo. Il primo che rischia venti anni di prigione per aver fornito a Assange i documenti segreti, il secondo è colui che ha tradito. Ed è anche di loro che il libro parla, così come parla della crisi che l’organizzazione sta vivendo in questi giorni, dei problemi economici, dell’energia che Assange prima vi riversava e che oggi è costretto a rivolgere altrove, per salvarsi dai processi.

Restano questi documenti, che probabilmente non hanno svelato molte cose nuove. Ma delle conseguenze le hanno portate, se è vero che la maggior parte dei protagonisti di quelle carte oggi sono scomparse dalla scena politica, in Libia, Egitto, Tunisia. «Per noi giornalisti, chiusi in uno scantinato con la possibilità di leggere migliaia di documenti, sono stati momenti d’oro. E forse queste carte non hanno svelato cose che non si sapevano, ma hanno dato certezza a cose che si sospettavano, dando nuova linfa e nuova forza a quei movimenti popolari che hanno portato la caduta di regimi totalitari. Ed forse è stato questo il grande merito di Julian Assange».