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Infanzie perdute nella Svezia degli anni Settanta
Conversando con Thomas Kanger |
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07/12/2011 |
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Che gli scrittori noir attingano sempre più dalla realtà, lo dimostrano anche Thomas Kanger, e il documentario da lui realizzato, nel 2002, sugli abusi fisici e mentali a cui, negli anni dal 1955 al 1975, sono stati sottoposti i bambini nelle cosiddette children’s home. Da questo lavoro è partita una inchiesta giudiziaria che ha portato alla luce una situazione tramautica, che ha avuto una grossa eco internazionale e che si è conclusa solo un paio di settimane fa. Anche il suo esordio nel giallo lo si deve all’esigenza di raccontare un fatto di cronaca: «lavoravo come giornalista - ha detto nella Conversazione che si è svolta al Jardin de l’Ange a Courmayeur - e avevo per le mani una storia che era impubblicabile. La mia fonte mi aveva impedito di raccontare quello che mi aveva detto. Ho pensato che il modo migliore per rendere pubblico quello che sapevo era inventarmi una storia di finzione, e il genere poliziesco era la forma che meglio si adattava al racconto. L’aver pensato a Elina Wiik (la poliziotta donna, personaggio seriale protagonista di tutti i suoi romanzi), deriva dal non volere scrivere di un tipico detective, sui cinquanta anni, che sta perdendo i capelli e ha problemi con le donne. Non volevo, cioè, un personaggio che in qualche modo potesse assomigliarmi». L’Uomo della domenica è una nuova avventura di Elina, un cold case, ossia l’assassinio di una donna avvenuta venticinque anni fa e la scomparsa della sua giovanissima bambina, anche lei, come i bambini delle children's home, precocemente privata della propria innocenza: «In Svezia anche i casi di omicidio si prescrivevano in venticinque anni, adesso è un po’ diverso. Il libro è una corsa contro il tempo, ci sono solo 28 giorni per poter risolvere il caso. Dopo l’assassino sarà libero». Nato in Svezia nel 1951, giornalista con una vita da globe trotter alle spalle, Kanger non ha smesso di interrogarsi sul reale: «Nei miei libri cerco di capire quali sono le ragioni che possono portare un uomo a diventare assassino. I romanzieri dei paesi scandinavi, tranne pochissimi esempi, non disegnano mai il criminale come se fosse il male assoluto. Io cerco di capire le ragioni per le quali una persona normale possa arrivare all’omicidio. Mi interessa indagare su come le persone cambiano il mondo e, soprattutto, di come il mondo cambia le persone. In Svezia il 70 percento degli assassini è compiuto da amici o parenti della vittima. Io mi concentro sull’altro 30 percento, sui casi più complicati. E penso anche che questi casi si moltiplicheranno nei prossimi anni. In Svezia stiamo vivendo un periodo di grande crisi economica. Persone di 50 - 55 anni hanno perso il lavoro, e per loro è chiaro che non ci sarà possibilità di essere reintrodotti nel mercato. E non è difficile immaginare che tutto questo mondo, troverà nell’alcool e nella violenza, un rifugio per la propria rabbia».
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