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Raymond Chandler Award Intervista a Petros Markaris |
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08/12/2011 |
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di Rosa Polacco, dal catalogo del 21. Courmayeur Noir in Festival
Ha studiato economia, tradotto Goethe e ha spesso detto che il suo maestro è Bertolt Brecht. C’è qualcosa in comune tra questi tre fondamenti della sua formazione e la scelta di scrivere romanzi polizieschi? Non avevo intenzione di scrivere romanzi polizieschi fino a che il commissario Charitos è venuto a trovarmi con la sua famiglia. Charitos mi ha spinto al romanzo poliziesco. Lei forse saprà che Bertolt Brecht era un grande appassionato di romanzi polizieschi. Quello che ho imparato da lui è stato innanzitutto come mantenere una distanza dagli avvenimenti che sto raccontando e dai personaggi dei miei romanzi, e diventare un buon osservatore della città di Atene e della sua gente. Ho anche imparato da lui che le persone possono mantenere il loro umorismo e la risata anche nei momenti più tragici.
Lei è lo scrittore greco più letto in Italia, conosce la nostra letteratura contemporanea, e il romanzo giallo italiano in particolare? A parte i classici, come Italo Svevo e Italo Calvino, io adoro i romanzi di Andrea Camilleri. Ma ho anche letto i romanzi di Massimo Carlotto, Carlo Lucarelli e Valerio Evangelisti.
Condivide con Andrea Camilleri la matrice culturale del Mediterraneo e l’amore per Raymond Chandler e Georges Simenon. Come definirebbe il “Giallo mediterraneo” e quali sono le differenze con gli antenati dell’hardboiled americano? Il “Giallo Mediterraneo” non appartiene al genere hard-boiled. È il romanzo sociale e politico più significativo dei nostri tempi. Si tratta cioè di un genere di romanzo che racconta una storia di crimine sotto il profilo sociale e politico. L’altra eccezionale differenza è nel cibo e nella cucina. La cucina è una componente importante di tutti i romanzi polizieschi del Mediterraneo. Questo è un aspetto quasi sconosciuto a quello americano, il romanzo poliziesco inglese o svedese. Sono abbastanza stufo di leggere di detective che passano la vita a mangiare panini e bere birra.
Cosa pensa del commissario Montalbano? Montalbano è un personaggio affascinante. Lui è il tipo di poliziotto che rende il romanzo poliziesco mediterraneo così diverso. Perché è un uomo di legge e ordine, ma è anche molto umano. È pieno di contraddizioni, e questo è affascinante per il lettore. Mi piace ancora di più negli ultimi romanzi, perché l’età lo rende più umano.
Con Camilleri condivide anche la passione per il teatro. Può dirci qualcosa su questa passione? È una passione ancora viva e come ha influenzato la sua scrittura? Beh, ho iniziato la mia carriera di scrittore come drammaturgo. Questa è la fonte della mia passione per Brecht e il motivo per cui ho tradotto le sue opere in greco. A partire dagli anni Novanta ho smesso di scrivere opere teatrali e mi sono concentrato sulle sceneggiature, ma ho continuato a tradurre pièce teatrali dal tedesco in greco, per cui non ho mai smesso di lavorare per il teatro. Faust di Goethe è stata la mia ultima traduzione. Ora non sto facendo più traduzioni. Ho trascorso cinque anni di lavoro sul Faust ed e stata la grande opera che ha completato la mia carriera di traduttore.
Ha scritto molto per il cinema, a differenza di Camilleri che ha avuto una sola esperienza in questo campo e nel genere del western. Ha scritto soprattutto per Theo Angelopoulos, un regista che sembra molto lontano dal romanzo di indagine. Sono questi due aspetti contraddittori della sua creatività o c’è qualcosa in comune tra Lo sguardo di Ulisse e le avventure del commissario Charìtos? No, non c’è nulla in comune tra loro. E ho un sistema di lavoro completamente diverso quando lavoro con Angelopoulos. Visto che è sempre sua la storia che il film racconterà, io mi adatto a lui e cerco di scoprire come gli piacerebbe raccontarla, e come potrei aiutarlo a raccontarla in un modo migliore. È un rapporto di lavoro pieno di polemiche che può esistere tra un regista e uno scrittore che lavorano insieme da almeno quarant’anni.
Ha mai scritto film polizieschi? Se no, lo farebbe? Ora no, ma ho scritto una serie poliziesca chiamata Anatomia di un crimine. È stato un enorme successo e ha funzionato per tre anni in Grecia.
Quest’anno ricorre il cinquantesimo anniversario della morte di Dashiell Hammett. Credo che la sua scrittura e il suo impegno politico le siano molto vicini. Amo tutti gli scrittori polizieschi del giro di “Black Mask”, ma soprattutto adoro Dashiell Hammett e Raymond Chandler.
Abbiamo incontrato l’ispettore Charìtos per la prima volta circa dieci anni fa, con la moglie Adriana e la figlia Caterina, il suo odio per il bancomat, la sua vecchia e malconcia automobile italiana. Come è cambiato negli ultimi anni Charìtos e il suo rapporto con questo personaggio? Come è cambiata Atene, la vostra città? Quando sto lavorando a un romanzo, prendo ogni mattina una tazza di caffè con Charitos. Durante il tempo del caffè gli chiedo perché ha intenzione di interrogare questa o quella persona, e perché ha intenzione di indagare in un quartiere specifico. Charitos mi spiega le sue ragioni e il suo modo di pensare e io poi scrivo. Charitos ha cambiato profondamente il mio modo di guardare Atene. Prima che esistesse Charitos di solito andavo in giro in citta senza prestarle molta attenzione. Adesso, quando mi trovo in qualche parte della città, continuo sempre a chiedermi se posso collocare una scena o un capitolo del prossimo romanzo nella strada o nel quartiere in cui sto camminando in quel momento, il che significa che prima o poi ci tornerò per scoprire il quartiere più a fondo.
Ha detto che si sente più europeo che greco e la Grecia un tempo era fortemente europeista. La situazione attuale sembra mettere in discussione l’idea di una Europa forte e stabile, e oggi ci sono molti euroscettici. Crede ancora nell’Europa? E in una Grecia europea? Sì, credo ancora nell’Europa, ma sono anche molto turbato e ho perso parte del mio ottimismo. Sa, al giorno d’oggi la Grecia sta vivendo una tragedia, che non risuona però nel teatro antico di Epidauro, ma in due asili infantili. Il primo è il Parlamento greco, il secondo è quello europeo. Ma un asilo non è il posto giusto per mettere in scena una tragedia.
Dopo un secolo di guerre e dittature, questo doveva essere il secolo della democrazia, un’istituzione che ha avuto origine in Grecia e ora è in crisi non solo per la difficile situazione di alcuni paesi, ma anche per la crisi del capitalismo. Come vede nel futuro la combinazione tra democrazia e capitalismo? C’è una contraddizione tra le istituzioni democratiche nazionali in ogni paese della UE e la mancanza di democrazia nel processo decisionale della UE. Nessuno è disposto a trovare una soluzione a questa contraddizione. Piuttosto diventa peggiore ogni giorno. Fin tanto che i leader del mondo occidentale continueranno a comportarsi come dei manager dei mercati finanziari, il pericolo per la democrazia continuerà ad aumentare.
Un tema centrale del nostro Festival di quest’anno è l’Apocalisse. Lei ha toccato nel suo ultimo romanzo, Prestiti scaduti, la catastrofe economica che stiamo vivendo. Pensa che questa crisi possa essere anche l’occasione per un cambiamento nel futuro? Davvero non lo so. La Grecia ha attraversato molte crisi nel corso della sua storia recente. C’è stato il fallimento nel 1893, poi il crollo del paese nel 1922, poi l’occupazione tedesca e la guerra civile. Ma c’era sempre un punto di vista. La gente credeva che le cose sarebbero migliorate. La crisi attuale è l’unica senza una prospettiva.
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