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  Winterbottom: Viaggio alla (ri)scoperta di Jim Thompson  
 
 10/12/2010 
un articolo di Francesca Vantaggiato
 
L’autorevole voce di Adrian Wootton - direttore del Film London e ospite abituale del Courmayeur Noir in Festival – incontra l'autore del controverso adattamento cinematografico The Killer Inside Me, Michael Winterbottom, che ha avuto il merito di riscattare l’immagine, spesso sottovalutata, dello scrittore e sceneggiatore Jim Thompson.
La figura di Jim Thompson è rimasta a lungo sospesa in un ingiustificato limbo letterario e cinematografico e le sue opere non hanno mai raggiunto un clamoroso successo. In concomitanza con l’uscita italiana di The Killer Inside Me, Wootton ripercorre insieme a  Winterbottom i momenti salienti della carriera di Thompson.
 
Dopo la produzione pulp degli anni Cinquanta, lo scrittore dell’Oklahoma approda al cinema lavorando per ben tre volte con Stanley Kubrick. Frutto di questa instabile collaborazione sono le pellicole Rapina a mano armata, Orizzonti di gloria e un'inedita sceneggiatura mai messa in scena e ritrovata nell’archivio di Kubrick. Thompson sprofonda nell’oblio dopo il breve sodalizio con il regista, terminato con la nota amara di un accordo mai trovato sui credit dei film.
L’adattamento di The Getaway ad opera di Sam Peckinpah e il coinvolgimento di Steve McQueen nel film, rappresentano un’occasione importante (e mancata) per Thompson, la cui sceneggiatura finisce col non convincere né lui né l’attore. Dopo aver interpretato un cameo nel film Addio mia amata di Dick Richard (adattamento del romanzo scritto da Chandler), Thompson vede finalmente il suo agghiacciante e innovativo The Killer Inside Me trasformarsi, per volontà di Burt Kennedy, in un’opera cinematografica. Il risultato è, purtroppo, ancora una volta deludente.
L’altalenante interesse dimostrato da editori e registi nei confronti dei suoi scritti fanno di Thompson una penna facile da criticare e complicata da dimenticare.
 
È Michael Winterbottom a leggere e trasporre fedelmente la dualità di Lou Ford (protagonista del libro e del film, interpretato da un calzante Casey Affleck), restituendo a Thompson nuovo vigore.
«Avrei voluto girare un film tratto da Non sparate sul pianista di David Goodis - spiega Winterbottom - ma per problemi legati all’acquisizione dei diritti ho dovuto rinunciarvi. Avevo letto con interesse il libro di Thompson, conoscevo il produttore americano che aveva i diritti, così ho deciso di realizzare il film, scegliendo di aderire il più possibile al libro». In più occasioni Winterbottom ha esaltato le potenzialità visive racchiuse nei romanzi di Thompson, incontrando il consenso di Wootton secondo il quale la scrittura thompsoniana contiene in sé forti elementi cinematografici, per cui il passaggio verso il film è breve e semplice.
 
Il regista affronta il libro discostandosene solo per un momento, accantona  l'esplicitazione (seppur superficiale ma dai contenuti rivoluzionari per la sua epoca) del disegno psicologico di Lou, e preferisce ricorrere a trovate squisitamente cinematografiche per lanciare al pubblico alcuni indizi.
Se Thompson ritrae un uomo che deve la sua schizofrenia agli abusi del padre, Winterbottom non si preoccupa di spiegare l’origine delle manie autolesioniste di Lou ma si limita a mostrarle, presentando un personaggio chiuso in una gabbia pericolosa.
«Lou - continua il regista - vive nella casa del padre, legge i suoi libri, ascolta la sua musica ed è preda inerte di una forza distruttrice alimentata da istinti contrastanti». Come il potenziale emotivo di Lou viene annullato dagli impulsi violenti, così l’amore dimostratogli dalle persone a lui care viene spazzato via dalla sua gelida aggressività.
 
Il libro e il film ritrovano i loro punti di contatto nella narrazione in prima persona, quando Lou palesa un’inquietante aberrazione tra il mondo percepito e la realtà. «Casey Affleck non aveva molto spazio di manovra nel gestire il suo personaggio, per questo motivo è stato geniale sia nel mostrare la sua follia sia nel mascherarla. La lavorazione del film ha avuto dei tempi molto particolari - spiega Winterbottom -. Affleck era costantemente presente sul set mentre tutti gli altri interpreti sono stati coinvolti solo per pochi giorni. Gli attori hanno mostrato un forte entusiasmo nell’interpretare il loro personaggio e hanno affrontato con dedizione le ardue sfide lanciate dal film. Jessica Alba, Kate Hudson e Casey Affleck hanno lavorato intensamente per realizzare le difficili scene di violenza».
 
Per la selezione del soundtrack, Winterbottom si è lasciato trasportare dal mondo vivido evocato da Thompson. La colonna sonora - portata avanti al ritmo di blues, swing, country e intervallata da momenti operistici - esprime appieno le tematiche thompsoniane riguardanti l’incombenza della morte, l’esplorazione della violenza, il fallimento dell’amore. Le musiche del film disegnano il paesaggio interiore dei personaggi e si allineano perfettamente allo spirito texano di cui la brutalità è parte integrante. «Thompson dipinge il Texas degli anni Cinquanta in maniera realistica e con toni melodrammatici - dice Winterbottom -, usa una scrittura veloce e diretta, arricchita da dialoghi brillanti. Penso che il Texas sia una componente fondamentale del romanzo e, di conseguenza, credo sia l’ambientazione ideale del film».
 
Anche se il film di Winterbottom ha avuto una tiepida accoglienza nel Regno Unito ed è stato molto criticato per l’eccesso di cruda violenza mostrata, il regista si considera soddisfatto del lavoro interpretativo svolto. Infatti, mantenendo la stessa linea di pensiero di Thompson, The Killer Inside Me si muove sulle sfumature, vira dal bene al male e viceversa esasperando le perverse meccaniche umane, esplora il lato oscuro nascosto in ciascuno di noi.
Winterbottom saluta il pubblico del Courmayeur Noir Festival con un desiderio, quello di adattare per il cinema un romanzo di David Goodis, autore da lui amato e già corteggiato.