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Giovani critici all'assalto |
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12/12/2010 |
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Come ogni anno, pubblichiamo con grande curiosità le critiche dei partecipanti allo Stage internazionale di critica cinematografica. Un ringraziamento ai giovani critici che hanno dedicato parte del loro tempo al sito, mentre svolgevano l'arduo compito di giurati del concorso DocNoir ed erano chiamati a completare il loro percorso formativo con degli elaborati molto impegnativi.
Kosmos di Reha Erdem recensione di Robin Cnockaert In un villaggio fuori dal mondo, gli abitanti vivono seguendo il ritmo dell’inverno e delle operazioni militari. Uno straniero, capace di fare miracoli, salva la vita a un bambino e si ritrova accolto in maniera discorde dai membri della comunità. Con un accenno di fantascienza e fantastico, questo film inafferrabile, ribalta le certezze, permettendo di lasciarsi andare e di riscoprire se stessi e rivalutare il proprio percorso interiore attraverso i diversi misteri che avvolgono il protagonista. Questo film appare come un insieme di fiabe incompiute, lasciate in sospeso e la cui interpretazione è in mano allo spettatore. E la strada resta aperta a ogni tipo di sogno e conclusione.
Wir Sind die Nacht di Dennis Gansel recensione di Iris Alexandre Dopo l’incontro frastornante con la veterana di un trio di donne vampiro, Lena, giovane drogata sulla via della perdizione, rinasce nelle seducenti vesti della quarta componente immortale del gruppo. Niente può più fermarla se non l’aurora infiammante. E non può più fare a meno del sangue, del lusso e della sfrenatezza. Eppure avrebbe voglia di una vita ordinaria, umana - un tipo di vita che ormai non appartiene più alla nostra predatrice. Anche se non rinnova il genere vampiresco, Wir Sind die Nacht placa di sicuro la grande sete di emoglobina, promuovendo una Berlino giovane, sexy, spaventosamente nottambula e infestata dalla notte al mattino da donne dominatrici.
Simon Werner a disparu... di Fabrice Gobert recensione di Loic Carrera Per il suo primo lungometraggio, il francese Fabrice Gobert sceglie un tipo di messa in scena ispirata al mitico Elephant di Gus Van Sant. Un esercizio rischioso ma comunque riuscito grazie alla distanza presa da Gobert nei confronti del film appena citato. Infatti qui non si tratta di seguire le ultime ore di un gruppo di liceali prima di un massacro, bensì di accompagnare le loro fantasiose teorie sulla scomparsa di un compagno di scuola, alimentando, allo stesso tempo, l'immaginazione dello spettatore.
The Housemaid di Im Sang-soo recensione di Robin Cnockaert Eun-yi, giovane donna divorziata, abbandona la vita frenetica della metropoli e il suo lavoro in un fast-food, trasferendosi in campagna dove viene assunta come governante in una lussuosa dimora. Il proprietario, Hoon, uomo d'affari cresciuto in una famiglia prestigiosa, aspetta dalla moglie la nascita di due gemelli. Quando tra Hoon e la sua governante s'instaura una relazione sessuale ambigua e pericolosa, la maschera della borghesia si rompe lasciando apparire il sadismo e l'ipocrisia di questo ambiente. Immagini sofisticate e colori violenti in un decoro dalla geometria barocca e assurda: è la traduzione estetica di un mondo dove le passioni si comprano e si consumano come un vino pregiato.
Sound of noise di Ola Simonsson e Johannes Stjarne Nilsson recensione di Francesco Duverger L'ufficiale di polizia Amadeus Warnebring è cresciuto in un'illustre famiglia di musicisti ma odia la musica in modo viscerale. Per sua sfortuna, si dovrà scontrare con un gruppo di musicisti terroristi intenzionati a riapproppriarsi dei suoni della città al fine di comporre una sinfonia in quattro movimenti in altrettanti luoghi. L'ispettore, nel tentativo di reinstaurare l'ordine nella città trasformata in un happening caotico, s'innamora di Sanna, la donna che fa parte della gang e capisce allora che non può più fuggire alla musica ma deve affrontarla e capire il senso del suo disgusto lasciandosi trascinare a sua volta in questa sinfonia anarchica.
The Killer Inside Me di Michael Winterbottom recensione di Francesco Duverger Nell'America degli anni Cinquanta, Lou Ford è un vice sceriffo in una tranquilla borgata texana. È in apparenza un tipo pacato, rispettato dai suoi concittadini, per i quali incarna il simbolo incorruttibile della legge. Quindi, non appena vengono rinvenuti i cadaveri di una prostituta e del figlio dell'imprenditore Chester Conway, la comunità non dubita minimamente della sua integrità. Ma Lou è un uomo complesso che si porta dietro traumi infantili e desideri di vendetta. La violenza a lungo repressa, dissimulata dalla rispettabilità sociale, esplode scagliandosi contro gli esseri a lui più cari. Tratto dal controverso romanzo di Jim Thompson, The Killer Inside Me esplora la psiche malata di un uomo ordinario, denunciando le ipocrisie sociali che lo salvaguardano e descrivendo con una rara crudeltà l'affermazione autodistruttiva del male che attanaglia il protagonista.
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