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E-book Anatomy: Lo strano caso del libro senza carta
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03/12/2010 |
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di Gino Roncaglia [E-book Anatomy è il titolo dell’incontro che si svolge a Courmayeur l’11 dicembre e al quale partecipano, oltre all’autore del presente articolo che è pubblicato sul catalogo, anche la giornalista Anna Masera, lo scrittore Alessandro Perissinotto e l’editore Paolo Repetti.]
Fra i molti record di vendite stabiliti dalla trilogia di Stieg Larsson, uno è particolarmente interessante: si tratta della prima serie a superare il milione di copie vendute in formato e-book. Un dato che sembra capovolgere uno dei più diffusi luoghi comuni sui libri elettronici: l’idea che gli e-book possano funzionare nel campo dello studio e della ricerca, ma non nel campo della narrativa; l’idea, insomma, che lo strumento più comodo per leggere un romanzo resti sempre e comunque il tradizionale libro a stampa. Quest’idea, si badi, non era (e non è) dettata semplicemente da un attaccamento un po’ nostalgico alle pagine di carta. Alla sua radice c’è piuttosto una considerazione tutt’altro che peregrina, relativa al contesto per così dire “materiale” della lettura: lo schermo di un computer rappresenta un’interfaccia di lettura scomoda, stanca la vista, obbliga alla scrivania, ed è adatto dunque unicamente alle situazioni in cui la lettura è legata allo studio o alla scrittura: quella che uno dei principali studiosi della testualità digitale, Derrick de Kerckhove, sintetizza efficacemente con il neologismo “screttura”. Al contrario, la narrativa suggerisce situazioni di lettura diverse: la lettura rilassata, in poltrona o a letto, o quella in mobilità, magari in treno, senza i limiti imposti dalla scrivania e dallo schermo del computer. A cambiare le carte in tavola, e a spiegare il successo degli e-book anche nel campo della narrativa, è stata soprattutto la nuova generazione di dispositivi di lettura. Dispositivi come il Kindle di Amazon o il primo Nook di Barnes & Noble, dedicati specificamente alla lettura di testi e basati su una tecnologia - l’inchiostro elettronico - che cerca di avvicinarsi il più possibile alla resa dell’inchiostro su carta (come un foglio di carta, e a differenza dello schermo di un computer, i lettori basati su e-paper ed e-ink non emettono luce ma la riflettono soltanto). E dispositivi, spesso multifunzionali, basati su schermi più vicini a quelli tradizionali - come l’iPad della Apple o il secondo modello del Nook - ma che per forma, dimensioni e durata delle batterie consentono un uso facile anche in poltrona, a letto o in mobilità. In tutti questi casi, il testo digitale viene “appoggiato” su un dispositivo non più legato alla scrivania, e assai più simile al vecchio libro su carta che all’immagine tradizionale di un computer. Con il vantaggio, per il lettore, di potersi portare dietro con facilità centinaia di titoli diversi, di poter compiere ricerche al loro interno, di poter salvare e condividere le annotazioni, e più in generale - di far entrare a pieno titolo anche la “forma libro” in un mondo in cui lo scambio di informazioni e contenuti avviene prevalentemente attraverso il digitale e le reti. Non stupisce, dunque, che quello dei libri di Larsson non sia un caso isolato: per molti fra i best seller nel campo della letteratura (sia colta, sia d’evasione o di genere, se queste etichette hanno ancora un significato in un contesto in cui la contaminazione e il remix di generi e contenuti sono sempre più frequenti) oggi negli Stati Uniti una quota compresa fra il dieci e il venti percento delle copie vendute è in formato e-book. È il caso di James Patterson (che nel giugno scorso è stato il primo autore a superare il milione di copie vendute in formato e-book per il complesso della sua produzione) e di Jonathan Franzen, di Rick Riordan e di Stephenie Meyer. Una percentuale ben maggiore della media del settore, che negli Stati Uniti sembra comunque avere ormai raggiunto fra il sei e l’otto percento del mercato delle novità. Quello degli e-book sembra dunque avviato a diventare, almeno oltreoceano, un mercato maturo. E se in Italia lo sviluppo sarà prevedibilmente più lento (anche per l’attuale, forte frammentazione del settore e delle piattaforme di distribuzione), sembra difficile immaginare che l’arrivo di Amazon.it, la forza del modello statunitense e il prevedibile, progressivo sviluppo di dispositivi di lettura ancora migliori non finiscano per modificare la situazione anche del nostro mercato editoriale. La diffusione degli e-book suscita tuttavia un ulteriore interrogativo, al quale la risposta è ancora tutt’altro che chiara: il libro del futuro continuerà a essere basato sulla testualità scritta e su una struttura narrativa prevalentemente lineare, o si aprirà all’uso di contenuti multimediali e di strutture narrative ipertestuali o interattive? Personalmente, tranne che in alcuni casi legati soprattutto a forme di sperimentazione, non ho molta fiducia nel futuro dei cosiddetti ipertesti letterari, di cui si parlava molto anni fa. Alcuni fra gli esempi più noti sono certo curiosi e interessanti, e un ruolo particolare va qui riconosciuto alla Eastgate, affascinante mix di piccola casa editrice, di sito web, di casa produttrice di software, che ha pubblicato i primi ipertesti letterari di un qualche interesse, da Afternoon, a Story di Michael Joyce a Patchwork Girl di Shelley Jackson a Victory Garden di Stuart Moulthrop. In Italia, esperimenti in parte analoghi sono quelli, recentissimi, delle “Polistorie” pubblicate in formato elettronico da Quintadicopertina, ma già negli anni Novanta Lorenzo Miglioli aveva sperimentato con l’ipertesto Ra-Dio un format di questo tipo. Tuttavia, la forma ipertestuale complica enormemente la costruzione dei personaggi, che nella narrativa tradizionale prendono forma anche e soprattutto attraverso le loro azioni e le loro reazioni alla successione di vicende che si trovano ad affrontare. Una versione ipertestuale dei Promessi Sposi che lasciasse il lettore libero di scegliere fra il don Abbondio che conosciamo, pavido davanti alla minaccia dei bravi, e un don Abbondio risoluto e determinato nel respingerne le pretese, avrebbe poi il problema - non certo facile da risolvere - di costruire nel seguito della vicenda (anzi, nei molti seguiti, corrispondenti a questa e alle altre scelte che fossero lasciate al lettore) caratterizzazioni diverse ma individualmente coerenti e sufficientemente interessanti del personaggio. Assai più interessante, mi pare, è invece il discorso relativo all’integrazione di componenti multimediali all’interno di un percorso narrativo comunque lineare e immersivo. Anche in questo caso, gli esperimenti non mancano: per ricordare solo alcuni fra i più recenti, e relativi al settore del mistery e del noir, si può citare innanzitutto Anthony Zuiker: noto soprattutto per aver creato la popolarissima serie televisiva C.S.I., Zuiker ha infatti pubblicato nel settembre 2009 un libro dal titolo Level 26: Dark Origins, che include, come parte della narrazione, spezzoni di filmato accessibili in rete attraverso codici inseriti all’incirca ogni venti pagine del libro. O si può ricordare Skeleton Creek di Patrick Carman, un intreccio fra mistery e ghost story uscito nel febbraio 2009 e destinato agli adolescenti, i cui due protagonisti, Ryan e Sarah, comunicano utilizzando due registri diversi: un diario scritto nel caso del ragazzo, filmati nel caso di Sarah. Il libro è dunque metà della narrazione (ma ne rappresenta comunque la struttura portante), mentre i filmati - disponibili in rete - ne costituiscono l’altra metà. Come nel caso di Zuicker, anche per il libro di Carman sono previsti dei sequel, il primo dei quali - Ghost in the Machine - è già uscito. Il compito realmente difficile è introdurre i contenuti multimediali nella narrazione rispettandone le specificità, che affidano comunque un ruolo centrale alla testualità e alla scrittura e la differenziano ad esempio da un videogioco (assai più interattivo, ma basato sull’esplorazione attiva di un mondo più che sulla volontà di affidarsi a una “storia” costruita per noi dall’autore). E questo senza spezzarne il ritmo, e senza spezzare l’esperienza immersiva che costituisce una caratteristica essenziale della lettura di opere narrative. Il fatto di integrare testo e contenuti multimediali all’interno dello stesso dispositivo di lettura costituisce evidentemente una condizione necessaria per riuscirci, ma non è detto che si tratti di una condizione sufficiente: la versione “arricchita” di The Pillars of the Earth di Ken Follett, disponibile per iPad nell’iBookstore della Apple, costituisce a mio avviso un esempio non riuscito: gli spezzoni della miniserie televisiva inseriti all’interno del libro non vi si integrano realmente. La semplice giustapposizione di due tipi diversi di narrazione - quella scritta e quella televisiva - non offre un’esperienza di lettura realmente nuova e coinvolgente, e rischia semmai al contrario di indebolirla. Ma è un campo in cui, come si accennava, le sperimentazioni sono appena iniziate, e le prospettive appaiono forse più interessanti di quelle dei puri ipertesti letterari: un campo in cui c’è uno spazio enorme per nuove idee, per nuovi format, e in cui - come spesso accade - la letteratura “di genere” (dal noir al mistery, dal fantasy alla fantascienza) potrà costituire una palestra particolarmente interessante per chi abbia voglia di provare strade nuove. Gino Roncaglia è docente di Informatica applicata alle discipline umanistiche e di Applicazioni della multimedialità alla trasmissione delle conoscenze presso l’Università degli Studi della Tuscia, ed è autore de La quarta rivoluzione. Sei lezioni sul futuro del libro, Laterza 2010.
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