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  12 dicembre 1969 - 12 dicembre 2009  
 
 12/12/2009 
Il Courmayeur Noir in Festival ha dedicato due giornate alla ricorrenza della strage di Piazza Fontana avvenuta il 12 dicembre di quarant’anni fa. L’incontro curato da Umberto Berlenghini e Massimiliano Griner, ha preso le mosse dal libro inchiesta di Paolo Cucchiarelli, Il segreto di Piazza Fontana e ha visto alternarsi al tavolo dei relatori, moderati da Gaetano Savatteri, il giudice Guido Salvini, titolare dell’inchiesta dalla fine degli anni Ottanta, lo storico Virginio Ilari e il produttore Riccardo Tozzi, che ha fornito le prime anticipazioni sul film diretto da Marco Tullio Giordana dedicato a Piazza Fontana, che Cattleya produrrà prossimamente a partire dalla sceneggiatura di Sandro Petraglia e Stefano Rulli (le riprese inizieranno a fine agosto 2010). Il secondo incontro ha avuto come protagoniste Antonella Beccaria e Simona Mammano, autrici di Attentato imminente, che ricostruisce l’odissea del commissario Pasquale Juliano. A parlare del libro è intervenuto anche il direttore dell’ «Europeo», Daniele Protti, che agli anni dello stragismo e del terrorismo ha appena dedicato un numero monografico della rivista, dal quale il catalogo del Festival ha tratto un articolo di Sandro Provvisionato.
 
Era doveroso che intervenissero tanti punti di vista per il quarantennale di una strage impunita che, come hanno detto a più riprese gli ospiti, ha fatto perdere l’innocenza a un paese, ammesso che prima fosse veramente innocente. Vergine o meno, di certo il 12 dicembre 1969 è stato il giorno del terrore, dei complotti, dei depistaggi, del doppio Stato, delle bombe (anche a Roma), della tenuta democratica di una Repubblica che all’epoca aveva poco più di vent’anni, e di bombe, di omicidi e di segreti inconfessabili ne aveva già un bel po’ anche alle spalle. È stato soprattutto il giorno di scegliere da che parte stare, di accettare o ribellarsi. Di combattere anche se sconfitti in partenza.
 
Qualcuno, infatti, aveva capito che i conti non tornavano, ad esempio il Commissario Pasquale Juliano, scomparso nel 1998 e riscoperto dalle autrici del libro Attentato imminente, Antonella Beccaria e Simona Mammano. Juliano era un uomo di Stato che lo Stato eliminò non fisicamente ma emarginandolo nell’attimo in cui dall’alto si capì che quel giovane e inesperto poliziotto che indagava tra Treviso e Padova sui movimenti eversivi neofascisti era stato capace di avvicinarsi alla verità di Piazza Fontana prima ancora che la strage avvenisse.
 
Invece la bomba scoppiò. E già dai giorni successivi, tutto procedeva nella direzione di una verità precostituita. Così testimoniano le immagini televisive dell’epoca, proiettate al Centro Congressi e che stanotte andranno in onda in una versione più estesa su Fuori orario. Bruno Vespa parla di Valpreda come di un “colpevole”, uno che “è stato rinviato a giudizio”. Un procuratore afferma di non poter parlare a causa del segreto istruttorio e subito dopo nomina quasi colto da amnesia istantanea lo stesso nome: Valpreda. Mentre i nomi che aveva nella mente Juliano sono andati persi, almeno in quel momento.
 
Passano gli anni e nonostante i depistaggi, le falsificazioni, le morti a catena di testimoni, si forma nella testa degli italiani una verità diversa. Certo, mancano le prove e il lavoro di magistrati come Guido Salvini viene continuamente mortificato: «Dopo i processi sappiamo moltissimo. Nonostante le assoluzioni, la storia è chiara. Mancano dei riscontri che non permettono di arrivare a un verdetto di condanna. Ma spero che qualcuno al più presto torni su Piazza Fontana. Io ormai non posso più operare su quel processo, ma la procura di Milano che in altre occasioni ha lavorato molto bene, in questo caso ha un debito da saldare con la città». Salvini al tavolo dei relatori fa nomi precisi che sono nella memoria collettiva almeno di chi ha vissuto in questi quarant’anni: Freda e Ventura, Ordine nuovo, Delle Chiaie, Avanguardia nazionale, Guido Giannettini, il SID.
 
«Perché questa vicenda è così lacerante?». Questa la domanda che inizialmente Gaetano Savatteri aveva posto ai relatori, precisando che Piazza Fontana la guardiamo con gli occhi di oggi. Non siamo più la folla composta e attonita che intervenne in massa ai funerali di Milano. E nemmeno quella dei Movimenti degli anni Settanta. Siamo altre persone, che probabilmente vivono una vita sociale e politica determinata proprio a partire da quella bomba.
È possibile che certe lacerazioni anche oggi non possano ricucirsi. Alcune delle risposte contenute nel poderoso volume di Paolo Cucchiarelli, Il segreto di Piazza Fontana, come la “doppia bomba”, o la compartecipazione di destra e sinistra all’attentato, raccolta nella frase: “la destra estrema ha pensato la strage, la sinistra anarchica inconsapevolmente si è prestata al ruolo di manovalanza”, sono l’esempio di quanto sia complicato rispondere alla domanda di Savatteri.
Ma al di là della tesi “forte” che ha dato luogo a numerose polemiche, riportate anche nel catalogo del Festival, il libro di Cucchiarelli affronta con documenti e testimonianze una vicenda che ha una sua verità, che forse non sarà sancita da un atto giudiziario, ma che da un punto di vista storico e narrativo si è consolidata. Basta saper guardare dalla parte giusta.
 
A conclusione dell’incontro, la verità che verrà dal cinema, quella annunciata da Riccardo Tozzi produttore del film su Piazza Fontana, per la regia di Marco Tullio Giordana e la sceneggiatura di Sandro Petraglia e Stefano Rulli. «Una storia piena di vicende romanzesche – ha spiegato Tozzi – al punto che di fronte a tanto materiale abbiamo deciso di realizzare un film e un documentario». Un film che avrà lo stile di JFK di Oliver Stone con la differenza che «quello che è accaduto a Piazza Fontana – secondo il produttore – è più chiaro». A questo punto non resta che aspettare.

Intanto come ha detto lo storico Virginio Ilari «siamo alle prese con un passato che non passa».