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  Da Berlino a Nuova Delhi  
 
 11/12/2009 
«Non sono uno scrittore di libri per ragazzi. Ma col tempo ho capito che mi diverto a occuparmi di personaggi giovani, che hanno tutta la vita davanti. Io scrivo libri, poi è il mio editore a decidere in quale genere classificarli». A parlare così è Zoran Dvenkar, scrittore di origini serbo croate ma da sempre residente in Germania, poco fuori Berlino. «Berlino è una città che amo molto, ma c’è troppa gente, troppo rumore. Per questo vivo in campagna in un vecchio mulino. Ma questa distanza dalla città mi aiuta a scrivere di Berlino, una Berlino, però, che è solo nella mia testa».
E questa volta, in questa Berlino un po’ immaginaria, si ritrovano quattro amici, dei losers («nel senso che non riescono a fare quello che vogliono») che mettono in piedi una agenzia con una strana missione: chiedere scusa per conto di altri: aziende che hanno licenziato, manager che hanno fatto torti, vecchi amanti. «Non credo che nella realtà una simile attività possa avere successo. Le grandi compagnie non hanno nessuna voglia di chiedere scusa a nessuno. Ho sentito dire, però, che una agenzia simile è nata in Giappone. Magari dovrei brevettare l’idea».
Il libro, destinato molto presto a diventare un film, si chiama Sorry, l’agenzia, nella finzione, funziona benissimo, almeno fino a quando i quattro non si trovano di fronte a un cadavere crocefisso. Situazione che ovviamente, stravolgerà la loro vita, mettendoli a confronto con i loro grandi drammi del passato e del presente, tra i quali una storia di pedofilia. «Mi hanno molto sconvolto i libri scritti da Andrew Vacchs [vincitore del Premio Chandler nel 2000 - ndr], sugli abusi infantili. Assieme ad altre persone, ha messo in piedi dei centri terapeutici che curano chi ha subito questi drammi. Alla base della loro teoria è che questi bambini vanno curati prima che raggiungano i dieci anni, altrimenti corrono il rischio di vivere questa esperienza come una storia positiva, e vedere la violenza come un modo per trasmettere affetto. Quando ho letto questo, mi sono bloccato. Non riuscivo più a procedere con la scrittura e ho dovuto aspettare un anno, scrivendo nel frattempo storie per bambini, prima di riprendere in mano questo libro».

In un contesto all’apparenza molto divertente, invece, il primo caso del detective indiano Vish Puri, messo in scena da Tarquin Hall, giornalista e scrittore inglese, che dopo aver girato buona parte del mondo, ha vissuto diversi anni in India prima di trasferirsi nuovamente a Londra. «Volevo parlare dell’India di oggi. Non di quella stereotipata, delle cartoline, della dominazione inglese o del Mahatma Gandhi. Per parlare dell’India contemporanea, con i suoi contrasti e le sue contraddizioni, le sue diseguaglianze sociali o linguistiche, ho pensato che un detective sarebbe stato una guida perfetta».
Il primo libro di questo investigatore privato, grasso e molto presuntuoso, è Il caso della domestica scomparsa, un intreccio di storie nelle quali si intersecano matrimoni combinati, ricatti e gelosie. A breve seguirà The Case of the Man Who Died Laughing, la seconda avventura dell’investigatore che odia Sherlock Holmes e si affida alla tradizione del geniale uomo politico Chanakya, vissuto nel 300 d.C., e autore di un vero e proprio trattato sull’arte dell’investigazione.