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  Il Diablo in corpo  
 
 08/12/2009 
Adolescenti e teenager inquieti, che divorano la vita propria e quella altrui. Questo sembra il filo conduttore di due proiezioni al Noir, la prima, Harry Brown, che ha ufficialmente aperto il Festival e il concorso, la seconda Jennifer's Body, fuori concorso, che ha chiuso il tour de force del Premio Oscar Diablo Cody, iniziato con un viaggio avventuroso dagli Stati Uniti, proseguito stamattina con un triplo incontro con giornalisti e pubblico (anche per presentare l’autobiografia, Candy Girl) e terminato appunto con lo spettacolo serale.
 
Il regista Daniel Barber e il produttore Kris Thykier hanno presentato Harry Brown come un film che narra una storia estrema ma al tempo stesso intrisa di contenuti realistici. Al centro della pellicola, le vicende di un marine inglese in pensione, vedovo, incurvato, poco propenso a ricordare il proprio passato fatto di azioni violente per contrastare l’IRA, che vive nei sobborghi londinesi dove la rabbia giovanile è priva di idealismi e fine a se stessa, e dove la vita scorre senza senso e termina in un macabro gioco al massacro. Quell’uomo, interpretato da Michael Caine, è, come ha ribadito Barber, un esempio estremo di una popolazione che davanti all’impotenza della polizia di poter riportare la situazione sotto controllo, decide di fare qualcosa, di cercare la giustizia per conto proprio.
«Il film è nato dalla realtà sociale inglese – ha spiegato Barber – dove una gran numero di giovani è letteralmente scollegato dal resto della comunità. Non era nostra intenzione mettere alla berlina la polizia. Il problema è che da sola non è in grado di combattere una criminalità che si va estendendo sempre più. Non era neanche nostra intenzione esaltare il ruolo del vendicatore, casomai questa storia vuole essere un avvertimento per una situazione che deve trovare una soluzione». E a proposito di Michael Caine: «Lui ha provato subito una grande empatia col personaggio, in un certo senso si poteva rispecchiare in Harry, sia per l’età che per il suo passato militare, anche se Michael è decisamente più scattante e in forma di quanto pensavo dovesse essere Harry. Certe volte dovevo chiedergli di camminare più piano! Comunque con lui ho dialogato molto e la sceneggiatura l’abbiamo sviluppata ulteriormente nel corso del film».
 
Di ben altra natura, la creatura impersonata da Megan Fox, diretta da Karyn Kusama e creata dalla penna di Diablo Cody. Un film che doveva procedere su due piani, ha spiegato la sceneggiatrice di Jennifer’s Body: «Da un lato volevo una storia horror, di genere, che divertisse, dall’altro un’analisi sociale di cosa significa essere una teenager oggi negli Stati Uniti. E devo dire che sono stata fortunata a incontrare Karyn Kusama. Prima di lei altri registi si erano proposti, ma poi è arrivata Karyn e ho capito subito che avrebbe fatto il film esattamente come l’avrei realizzato io».
Un horror scritto da una donna, diretto da una donna, interpretato nei ruoli principali da donne. «Per quanto il genere horror sia “femminista”, effettivamente il punto di vista che si è sempre affermato è stato quello prettamente maschile. È vero che in altri film sono stati costruiti dei personaggi femminili forti e importanti, ma credo che in Jennifer’s Body emerga prepotentemente lo sguardo femminile».
Ragazze voraci che Diablo Cody ha definito in questo modo: «Penso che il termine giusto per definirle sia tipe con del mordente, e in questo caso è letterale. Questo film è un racconto sull’odio tra ragazze, la sessualità, la morte dell’innocenza, e anche sulle politiche adottate, il modo in cui la città risponde alle tragedie. Chi si permette di dare una risposta non convenzionale viene marchiato come traditore. Ma riguarda anche il divertimento, volevo scrivere un  popcorn movie che piacesse a tutti». Come dire, l’appetito vien mangiando. E allora il consiglio è anche quello di leggere Candy Girl, l’autobiografia di Diablo Cody. Un libro, il cui successo crescente fa sentire la sceneggiatrice imbarazzata e mortificata.
 
Domani, il concorso prosegue con due film molto distanti tra loro, uniti però dal filo rosso del terrore: dalla Norvegia Skjult di Pål Øie, una storia di fantasmi e di un passato che riemerge brutalmente, diretta da un autore che è stato giudicato in patria tra i registi leader del genere horror; dagli Stati Uniti invece arriva Zombieland di Ruben Fleischer, che già dal titolo fa intendere la volontà del regista di rileggere il classico degli Zombie unito alla commedia. Tra gli interpreti del film distribuito da Sony Pictures Releasing Italia, anche Bill Murray in una divertente breve apparizione nei panni di se stesso ma in versione “morto vivente”.