NOIRMENU 2008  
Edizione 2012
 
• Home  
• News  
• Photogallery  
• Programma  
• Cinema  
• Letteratura  
   
 
  Fragilità del potere, forza del complotto  
 
 07/12/2008 
È Ranieri Polese ad aprire il convegno sulla Passione del complotto, che si è tenuto questa mattina al Centro Congressi di Courmayeur. Al suo fianco, giornalisti, scrittori e fisici che hanno cercato di raccontare come possa nascere la necessità di non accontentarsi delle versioni ufficiali, e quali siano le ragioni per le quali in un mondo dove gli spazi di democrazia si allargano continuamente, ci sia una sempre maggiore crescita di segreti di settore (segreto politico, militare, giudiziario, di ufficio…). «La ricerca del complotto - dice Polese - nasce nel momento in cui le autorità non danno una spiegazione degli avvenimenti sufficientemente chiara». Ma questo non basta per capire tutto.
Aldo Giannuli, esperto di questioni sui servizi segreti, membro di commissioni parlamentari e consulente in moltissime Procure italiane, chiarisce che «le ricerca dietrologiche diventano sempre più pressanti nel momento in cui il potere si mostra più debole. Perché il bisogno del complotto indica la qualità del potere». Più il potere è fragile, più nuovi centri di potere cercheranno di curare direttamente i propri interessi.
Sul palco, al loro fianco, si sono alternati gli scrittori Sergio Altieri e Patrick Fogli, i giornalisti Giorgio Boatti e Fabrizio D’Alessio, ognuno con la propria storia, le proprie domande alle quali non riesce a trovare una risposta: questioni prettamente politiche come il caso di Delfo Zorzi, rievocato da Fogli (autore de Il Tempo infranto, libro sulla strage di Bologna che sarà presentato qui al Festival); o questioni più generali, come la sindrome di Truman, ossia la paura o il bisogno di sentirsi osservati continuamente (da Facebook all'Isola dei famosi) di cui ha parlato Fabrizio D’Alessio.
Ma il pezzo forte della giornata è stata la proiezione del lavoro che Maurizio Torrealta ha realizzato per la televisione L’accusa del veterano. La terza bomba nucleare, a proposito di un presunto attacco nucleare operato dagli Stati Uniti nel 1991 in territorio irakeno.
Un panorama inquietante, non solo per i morti e per gli effetti che sul luogo avrà negli anni prossimo la radioattività, ma perché, dietro questa storia, se ne nascondono altre ancora più inquietanti.
E a raccontarle è stato il fisico Emiliano Del Giudice, che ha parlato di una strana storia: il problema delle bombe nucleari è che non è possibile limitare la loro capacità distruttiva. La situazione sarebbe diversa se si potesse utilizzare la fusione fredda, che permetterebbe di costruire ordigni nucleari della grandezza di una pallottola. Ma sugli studi che furono fatti su questa nuova tecnica rivoluzionaria, divulgati nel 1989 da Pons e Fleischmann, si è chiuso un muro di silenzio. Secondo Del Giudice, per capire perché questa ricerca sia stata bistrattata in maniera così violenta, basta guardare le foto dell’ultima guerra in Iraq: i carri armati fusi, i corpi dei soldati irakeni anneriti, le immagini di ombre umane sui muri dei palazzi che indicano che là delle persone sono state letteralmente vaporizzate, come accadde ad Hiroshima. La sua teoria è che la fusione fredda fosse una vera scoperta, funzionante, messa a tacere dai poteri militari che grazie ad essa sono riusciti a creare segretissime e potentissime armi.
Non ci sono le prove per poter dire questo, o almeno ci sono solo alcuni indizi. Ma, continua Del Giudice, «tra i mezzi di indagine c’è anche la logica».
Sentire questi discorsi potrebbe fare paura e creare inquietudine. Ma secondo Maurizio Torrealta, c’è sempre un momento, nel quale chi possiede segreti, avverte la necessità di parlare. La cosa importante per un giornalista, è riuscire a stare attenti, e cercare di cogliere le occasioni. E lavorare con curiosità, senza tesi preconcette e, soprattutto, senza paure.