|
|
|
|
La Storia al cospetto della Cronaca |
|
|
|
|
06/12/2008 |
|
|
|
La Cronaca Nera è una delle più nobili forme di giornalismo. Durante il fascismo il Duce aveva vietato che i giornali riportassero con troppa enfasi le notizie di crimini (e, quanto sia, per tutte le dittature, importante censurare tutte le notizie su omicidi e serial killer, ce lo ricorderà qui a Courmayeur anche Tom Rob Smith, con il suo libro Bambino 44, ambientato nella Russia di Stalin). Ma già agli esordi della democrazia, nel 1947, in Italia, appaiono sulla stampa i primi grandi casi: l’eccidio di Tina Fort, l’omicidio Graziosi. Ad occuparsi di questi fatti non giovani cronisti, ma grandi firme: Dino Buzzati, Tommaso Besozzi, Camilla Cederna, Oriana Fallaci.
Non Aprite Quelle Porte, l’iniziativa creata dal Noir in Festival con la MINI, e che avrà come madrina di eccezione Victoria Cabello, ha dedicato la sua giornata di apertura ad un incontro su che cosa sia la cronaca nera. Ospiti di eccezione Daniele Protti, direttore de L’Europeo, e Giuseppe Di Piazza, direttore del Magazine del Corriere della Sera.
Parlare di Cronaca Nera può voler dire parlare di molte cose. E vuol dire anche parlare di come si vive nei giorni nostri. Un po’ paradossalmente Di Piazza, pensa che tra le cause per cui oggi in Italia la Cronaca Nera abbia un posto residuale lo si debba anche all’offerta televisiva di FoxCrime, che ha un po’ placato il nostro desiderio di pathos. Ma la situazione italiana è anche cambiata a partire dagli anni Settanta, da quando cioè la cronaca nera si è confusa con la politica. Non è giusto, continua Di Piazza, pensare sempre ai complotti.
Delle volte, come nel caso di via Poma o nella strage di Erba, le cose sono più semplici di quanto appaiano. In via Poma le difficoltà sono nate dal nuovo codice di procedura penale che era appena entrato in vigore e la cui scarsa conoscenza ha causato le lacune dell'incidente probatorio. Ad Erba, abbiamo avuto il riconoscimento dell'assassino da parte di una mancata vittima. Certo che appare più complicato, invece, fermarsi alle sole apparenze quando ci si trova di fronte a casi come quello dell’ingegner Castellari, dirigente delle Partecipazioni Statali coinvolto nel caso Enimont, trovato morto, suicida dissero, con due colpi di pistola alla testa, e la pistola ancora carica in tasca. Per Daniele Protti, di fronte ad un avvenimento, non è questione di essere innocentisti o colpevolisti. Un bravo giornalista di cronaca si deve porre sempre delle domande. Avere sempre dubbi: è questa l’unica regola da seguire.
|
|
|
|
|
|
link |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|