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Il tema dell'anno: La passione del complotto |
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17/11/2008 |
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La Passione del Complotto riunirà al festival scrittori, giornalisti, analisti per un incontro coordinato da Ranieri Polese. A questo scenario che produce incessantemente un’oscillazione di pensiero tra storicismo tradizionale e reinterpretazione dei fatti in una second life tutt’altro che virtuale, è dedicato il tema di approfondimento di quest’edizione del Festival, giacché se la ricerca della verità ha innescato studi, ricostruzioni, indagini, dall’altro la saggistica e la narrativa hanno sviluppato un vero e proprio filone specifico (quasi un genere) dedicato al complotto e alla riscrittura della nostra Storia. Il rapporto tra vero e verosimile sarà l'oggetto del faccia a faccia condotto da Gaetano Savatteri tra il magistrato Roberto Scarpinato e lo scrittore Carlo Lucarelli mentre un possibile, drammatico complotto dei nostri giorni verrà illustrato dal giornalista Maurizio Torrealta e dallo scienziato Emilio Del Giudice.
Crimini e misfatti veri e verisimili
(dal catalogo del Noir in Festival 2008, l'introduzione di Giorgio Gosetti)
Se è vero che l’intrigo in grado di sovvertire un regime, la congiura capace di sconvolgere l’equilibrio del potere utilizzandone a proprio vantaggio le forme e i riti, è sport tanto antico e diffuso da essere topos ricorrente in tutte le culture, dagli Egizi (la sovversione contro Akhenaton), ai Greci (l’omerico Cavallo di Troia), agli indiani (il complotto contro Arjuna nel Mahabharata), fino agli ebrei – di volta in volta additati nei secoli come vittime o ideologi del più grande complotto della Storia –, la moderna configurazione dell’idea di “complotto” appartiene in modo emblematico alla società della comunicazione globale, tanto da diventarne rapidamente un’icona.
A interessarci non è stato tanto il meccanismo semplice della congiura o dell’intrigo, quanto il sistema di lettura della cronaca e della Storia, per la quale dietro ogni verità ufficiale si cela una “verità segreta”, che trae forza e credibilità proprio dal suo essere protetta agli occhi del normale osservatore, testimone, cittadino.
È così sempre più diffusa l’idea che il mondo occidentale abbia perso la propria “verginità” rispetto al reale nel momento in cui alcuni moderni complotti, dall’assassinio di JFK al sequestro Moro, dall’attentato alle Twin Towers fino ai misteri del Terzo Livello mafioso, celano complicità istituzionali per le quali proprio lo Stato e i grandi poteri della finanza orientano la nostra vita servendosi di strumenti illegali e piegando i destini della società civile ai propri interessi.
Da questa visione parallela della realtà – enfatizzata a dismisura dal sistema della comunicazione globale nell’epoca della Rete – scaturiscono sia la contro-informazione che l’intossicazione dell’informazione tradizionale, fino a innescare un vero e proprio filone tra saggistica e reinvenzione romanzesca che traggono tutte linfa vitale dal meccanismo della dietrologia.
Ne è generata una autentica “passione del complotto” che ha modificato la nostra percezione della realtà e la nostra fiducia nella (presunta) verità dei fatti.
Fateci caso: nella narrativa di genere, la spy story convenzionale ha sempre più accentuato – e il fenomeno è tanto più evidente quanto sfuggente nei suoi confini ideologici dopo la caduta del Muro e la fine della Guerra Fredda dichiarata – il motivo del complotto rispetto al motivo della guerra segreta; nella narrativa mystery tout court, il mito della macchinazione ha preso il posto che fino a ieri spettava a quello del serial killer, proprio mentre il mass murder svettava rispetto al semplice criminale. E in parallelo fioriva una letteratura saggistica al limite tra indagine documentata, analisi della realtà e ricerca del verosimile dietrologico. Quasi che identificare un potere occulto non fosse solo compito della controinformazione ma taumaturgico placebo all’indecifrabilità della Storia contemporanea e dei flussi della cronaca.
Si dirà che, specie in Europa, è pratica antica e che già lo spettro del Dottor Mabuse giganteggia a fianco del Nosferatu, oppure che la sovrana casualità degli eventi (solo apparentemente orchestrata dal fato manovratore) è da sempre motore del noir e prima della tragedia classica. Ma non c’è dubbio che la deriva recente ha dimensioni di autentico fenomeno, anziché essere il segno di una libera informazione che sfugge alla censura del potere. Fino insomma a dirsi che siamo in presenza di un fatto nuovo di cui il cinema e ancor più la televisione, specie se di produzione americana, si sono rapidamente appropriati, negando di fatto ogni valore rivoluzionario a questa lettura dietrologica dei fatti.
Il tema dell’anno
A questo scenario che produce incessantemente un’oscillazione di pensiero tra storicismo tradizionale e reinterpretazione dei fatti in una second life tutt’altro che virtuale, è dedicato il tema di approfondimento di quest’edizione del Festival, giacché se la ricerca della verità (nella sua opinabilità oggettiva) ha innescato ricerche, ricostruzioni, indagini, dall’altro la saggistica e la narrativa hanno sviluppato un vero e proprio filone specifico (quasi un genere) dedicato al complotto e alla riscrittura (o reinvenzione) della Storia.
Appare quindi legittimo chiederci: Perché ci piacciono i complotti? (tema di un dialogo a più voci) ma anche Va riscritta la storia dell’Italia del XX secolo? (tema di un faccia a faccia di grande attualità).
Nel primo caso, con la conduzione di Ranieri Polese chiamiamo a confrontarsi scrittori, saggisti, analisti e giornalisti.. Nel secondo caso sono il giornalista Gaetano Savatteri e lo scrittore Carlo Lucarelli a incontrare il magistrato Roberto Scarpinato, autore insieme a Saverio Lodato, del volume Il ritorno del Principe, un dialogo quasi socratico sulla regia occulta del potere rispetto agli accadimenti della nostro tempo.
In margine al panel di approfondimento, grazie alla disponibilità del giornalista Maurizio Torrealta e dello scienziato Emilio Del Giudice, proponiamo infine la “case history” esemplare di un possibile complotto che potrebbe esser stato tale nella realtà, che potrebbe oggi esplicitarsi grazie alla contro-informazione e alla Rete, che cela forse una sconvolgente verità accuratamente tenuta segreta fino ad ora, quella di una società che – ufficialmente ignara – inizia a convivere con il premeditato disastro dell’esplosione nucleare.
007: all’italiana
In parallelo all’incontro, il Festival propone quest’anno un curioso percorso, tra commedia e commedia involontaria, nel mondo della spy story all’italiana: un genere che sull’onda della moda di 007 occupò gli schermi negli anni ’60, producendo a sua volta un autentico fenomeno di costume che raffigura il complotto come invenzione planetaria, tenendosi sempre ben distante dalla plausibilità, con le rare e lodevoli eccezioni di opere come Vogliamo i colonnelli di Mario Monicelli o Colpo di stato di Luciano Salce.
Se si pensa che quelli non furono solo gli anni di James Bond, ma anche dei primi complotti della politica italiana portati sui giornali, in una lunga sequenza che, partendo dai progetti di colpo di stato di Junio Valerio Borghese o del Generale di Lorenzo, continuava con lo scandalo dei Servizi deviati, per approdare alla stagione di Gladio (e più tardi della P2), c’è da chiedersi come mai questo scenario sia sempre rimasto ai margini dell’immaginario cinematografico, trasformandosi anzi in pretesto per una deriva avventurosa o comica molto distante da ogni possibile realtà.
Eppure il viaggio virtuale da James Bond a James Tont ha prodotto effetti durevoli nella memoria collettiva di quegli anni e ci è quindi sembrato meritevole di una rilettura: ironica sul piano dei contenuti quanto affettuosa e nostalgica sul piano dei film, esempi di una stagione fantasiosa e virtuosa del nostro cinema di consumo.
Anche per questo accanto alla selezione, curata dal critico Marco Giusti, che proporrà otto titoli seri e semiseri con protagonisti lanciati proprio da quei film o restati divi di una sola stagione, abbiamo riservato uno spazio speciale a uno dei rari titoli (Vogliamo i colonnelli di Mario Monicelli) che, con la cifra dell’ironia, chiamavano in causa la più inquietante realtà del Paese.
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