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  Dalla carta alla pellicola: Mýrin  
 
 09/12/2007 
L’attore islandese Ingvar E. Sigurðsson, premio Napapijri per la Miglior Interpretazione, racconta i segreti del suo lavoro in Mýrin.
 

L’essenza della luce polare è nascosta dietro le note malinconiche delle canzoni più tristi di Björk e Sigur Rós.
Melanconia e tranquillità sono, secondo Sigurðsson, i due tratti essenziali della personalità islandese, sintetizzata nella psicologia dell’ispettore Erlendur, protagonista di Mýrin ed eroe letterario dei romanzi di Arnaldur Indriðason.

“Indriðason ha scritto otto romanzi con protagonista Erlendur, quindi avevo tanto materiale su cui basarmi per definire il personaggio – spiega Sigurðsson –. È un uomo caratterizzato da una grande solitudine, conduce una vita isolata, ha pochi rapporti con gli altri. Ha anche un passato marcato da un sentimento di perdita. Ho voluto mettere nel personaggio alcune cose non dette nel film, ma che hanno condizionato la sua vita, come la scomparsa del fratello in una tempesta di neve”.

E continua parlando del personaggio: “L’ispettore Erlendur riesce a cogliere il carattere islandese, che è molto solitario, chiuso e tranquillo. Una volta uno straniero mi ha detto che è molto difficile conoscere un islandese. Ed è vero. Non si sa perché ma facciamo fatica ad aprire il nostro cuore”.

Detto questo, paradossalmente, Sigurðsson si sorprende quando uno spettatore definisce freddo il rapporto tra l’ispettore e la figlia: “è la prima volta che mi dicono che la relazione tra la figlia e il padre è fredda. A me pare, un rapporto forte, sentito e pieno di amore. È vero che non parlano molto, ma comunicano. Forse lo avete visto così perché c’è una differenza tra il carattere italiano e quello islandese. Gli italiani parlano tanto, noi invece siamo più calmi, più tranquilli”.
 
Lasciando i tratti caratteriali al margine, c’è da fare una considerazione sul film e il genere noir. Il cinema poliziesco islandese è molto giovane e proviene soprattutto dell’influenza della letteratura, come spiega l’attore: “Negli anni ‘80 nessuno avrebbe dato credibilità a un thriller ambientato in Islanda. Lo scrittore Indriðason è molto conosciuto e popolare nel nostro Paese, ed è riuscito con i suoi libri a cambiare questa idea. Ma è una questione di immaginario, perché lì non succedono tanti crimini. Principalmente perche siamo pochi”.

Trecentomila persone, la cui mappa del DNA, come racconta il film, è stata archiviata in un database. Si tratta di una questione bioetica che come fa notare Sigurðsson ha causato in Islanda non pochi problemi: “C’erano tante persone che non erano d’accordo con l’idea, perché consideravano che non fosse etico, che andava contro la privacy dell’individuo. Non conosco bene questa materia, ma penso che comunque si tratti di una grande opportunità che può avere, per esempio, dei risvolti positivi a livello medico e scientifico”.
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MÝRIN