di Ilaria Marocchio
Mercoledì 5 dicembre presso la libreria Feltrinelli in piazza Duomo a Milano, si è tenuto l’incontro con lo scrittore
Donato Carrisi, che ha parlato del suo nuovo romanzo edito da Longanesi,
Il gioco del suggeritore. Con questo appuntamento si è chiusa la tre giorni milanese, prima parte del Noir in Festival che poi ha proseguito il ciclo di eventi letterari a Como.
A condurre l’incontro, Ranieri Polese, che ha subito chiesto: «Una delle cose che vorrei osservare è che hai praticamente trasformato il noir in un romanzo nero, anzi nerissimo. Come nasce la paura in quello che scrivi? E la si può esorcizzare o si finisce per sottostare a essa»?
«Ho impostato tutto il mio racconto - ha risposto Carrisi - su un’emozione che è, per l’appunto, la paura. Questa è una tra le emozioni più nobili dell’umanità, perché attraverso di essa noi impariamo a conoscere il mondo. Le persone che sono senza paura, inevitabilmente finiscono nelle grinfie di qualche mostro. La paura, quindi, ci insegna a destreggiarci, a vivere la nostra quotidianità. Io sono una persona estremamente paurosa. Quando ho iniziato a lavorare a questo romanzo, il più spaventoso di tutti, ricordo un pomeriggio in cui, mentre scrivevo ed ero solo in casa, avvertii un senso di paura. Mi sento terribilmente coinvolto con l’emozione che racconto. Ma, ci tengo a sottolineare che io non invento le paure, non scrivo horror. Vado a pescare una paura che i miei lettori conoscono o che pensano di aver superato o accantonato. La tiro fuori e la ripongo di nuovo davanti ai loro occhi. Questa è la ricerca della paura ed è un qualcosa che invade tutta la trama dei miei romanzi».
Carrisi ha messo in evidenza un aspetto del proprio romanzo che è una critica all’impero della Rete: «Internet è il terreno di caccia dei suggeritori e dei serial killer, perché trovano online tutte le informazioni sulla vittima, semplicemente facendosi un falso profilo. Esistono crimini violenti legati alla Rete, difficilmente ricostruibili. Tutto questo mi ha incredibilmente affascinato e ho pensato che se dovevo scrivere un seguito ideale del Suggeritore, non poteva che essere ambientato, almeno in parte, in una realtà virtuale. Internet doveva essere per noi una finestra sul mondo ma, inevitabilmente, è diventata anche una finestra che affaccia sulla nostra vita. Così, come noi sbirciamo il mondo da quella finestra, il mondo allo stesso modo sbircia noi. Siamo incredibilmente esposti e vulnerabili ma non ce ne rendiamo conto e, quindi, diventiamo delle potenziali vittime. La verità su Internet può essere manipolata molto semplicemente, si può raccontare una storia che non corrisponde alla realtà e questo può diventare estremamente pericoloso. È di questa vicenda che parlo nel mio romanzo, che si muove tra un gioco nella vita virtuale e uno nella vita reale, dove primo tracima nel secondo. In questo gioco tutti sono coinvolti e nessuno può smettere fino a quando non finisce la partita».