di Ilaria Marocchio
«Nel corso della mia vita ho scritto tante cose, ma non trovavo mai il passo vero del romanzo, non ci riuscivo. Quando ho cominciato a scrivere
La sera a Roma volevo fare due cose: un libro giallo e divertente. Il protagonista sono io ed è grazie a questa intuizione che ho trovato quel passo». Queste le prime parole di
Enrico Vanzina sul suo nuovo romanzo edito da Mondadori, presentato durante la prima giornata della ventottesima edizione del Noir in Festival. Lo sceneggiatore e giornalista ha raccontato la sua intenzione di raccontare una storia sul cinema, sul tempo, sul giornalismo e, soprattutto, su Roma, grazie a quello sguardo che ha avuto per tanti anni sulla città.
«I miei personaggi hanno un nome e cognome - afferma lo scrittore -. Questo perché volevo che il lettore, leggendo questo libro, pensasse che è tutto vero. Il romanzo diventa veramente contemporaneo con i nomi e i cognomi». Ecco il tema centrale del romanzo che gioca sulla relazione tra finzione e realtà e che è raccontato in maniera leggera, dentro un mondo perpetuo, quello di Roma. Il protagonista è diviso tra l’essere il giornalista che cerca la verità, e l'essere l'artista immagina a modo suo quella stessa verità. «I gialli sono tutti sospesi in aria, è difficile trovare quelli che si innervano sulla realtà e che raccontano cosa stia accadendo realmente». Questo romanzo lascia un piccolo segno non solo per la sua trama, ma perché è una piccola fotografia di Roma.
Altro punto fondamentale, il cinema: «Vengono citati brani di film che, in maniera programmatica, rappresentano quello che penso del cinema». Un cinema intelligente, popolare, che attraversa più generi dalla commedia al western (il «genere che ho amato di più»).
«La copertina - rivela Vanzina - raffigura un uomo che guarda alla finestra, in un certo senso allude a noi che facciamo cinema, tutti affetti dalla sindrome della finestra sul cortile».
Infine, il regista ha parlato del suo futuro: «Mi immagino, in quel poco che mi resta da vivere, autore di altri due, tre libri scritti con il cuore. Mi sento obbligato in questo momento a portare avanti la memoria di mio fratello Carlo, con il quale ho fatto delle divagazioni sul noir molto forti. Tuttavia, preferirei realizzare un film noir anziché un romanzo, perché è quello che Carlo mi ha lasciato in eredità».