Sergio Altieri lo salutavamo sempre con grande affetto al Noir. Ci seguiva da tanto, fin dal MystFest, era una presenza bella, con la sua curiosità e il sorriso sempre sul volto, la sua milanesità e il suo infallibile umorismo. Nel 1997 aveva vinto il Premio Scerbanenco con Kondor, un romanzo, scritto con lo pseudonimo di Alan D. Altieri, davvero atipico per il Premio, una spy story di quelle che si definiscono "al cardiopalmo", tutta azione (riguardava la guerra in Medio Oriente) e scenari fantapolitici, ma scritta con la sapienza di un maestro.
Milanese, ingegnere, aveva vissuto a Los Angeles, di cui era innamorato perché era la capitale del cinema, tant'è che ci aveva lavorato proprio come sceneggiatore (Silent Trigger, 1995). Impossibile per lui non amare Raymond Chandler, il più losangelino degli scrittori noir, i cui racconti aveva poi tradotto per il Meridiano Mondadori che ha raccolto l'opera omnia del grande americano. Ma anche Dashell Hammett e H.P.Lovecraft sono tra i suoi amori e traduzioni.
Veniva chiamato il "Maestro italiano dell’Apocalisse" per il suo amore per le storie oscure, nerissime. Non a caso i titoli dei suoi romanzi risentono di questa passione: Città oscura, Città di ombre, Ultima luce, L’uomo esterno (da cui viene tratta una mini serie tv nel '92). Ma anche i romanzi dedicati al personaggio dello "sniper" Russell Kane e i volumi di racconti Armageddon, Hellgate e Killzone. Si era anche cimentato, con successo, nel romanzo storico, con la saga della trilogia di Magdeburg,
Come traduttore era noto soprattutto per aver reso in italiano le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco di George R.R. Martin.
È stato anche direttore editoriale dei Gialli Mondadori, e in questa veste è venuto alcune volte a presentare il Premio Alberto Tedeschi Mondadori a Courmayeur. Essendo infaticabile ha poi diretto anche altre collane mondadoriane: Urania, I Classici del Giallo, Segretissimo, Segretissimo SAS, Romanzi e ha varato la collana Il Giallo Mondadori presenta.
Nel 2010, per celebrare il decennale del Premio Scerbanenco gli avevamo mandato a Milano il fotografo Francesco Galli per fargli dei ritratti, che poi abbiamo messo in mostra a Courmayeur. L'idea era quella di ritrarre lo scrittore nel suo luogo di lavoro. Sergio lavorava a casa, e il fotografo lo riprese anche affacciato alla scala del suo palazzo: un'immagine che ben riassume il suo gusto per il pericolo.