di Isabella Weber
Quest’anno il Noir in Festival inaugura il Premio Luca Svizzeretto, intitolato a un giornalista, amico e collaboratore del Festival scomparso nel 2016 dopo una coraggiosa battaglia con il morbo di Crohn. A ricevere il premio nella sua prima edizione, un’autentica leggenda del cinema italiano: Enzo Castellari, conosciuto all’estero soprattutto per Quel maledetto treno blindato (1978) da cui Tarantino ha tratto il suo Inglourious Basterds.
Prima di ritirare il premio, Castellari ha incontrato gli studenti della IULM guidandoli in un viaggio della memoria nella propria carriera e quindi, inevitabilmente, nella storia del grande cinema di genere italiano. La proiezione dell’incredibile sequenza d’inseguimento che apre La polizia incrimina la legge assolve (1973) ha efficacemente introdotto i poli tematici e stilistici della cinematografia di Castellari. Figlio d’arte, Castellari (alias Enzo Girolami) si forma nella "bottega" del padre, il regista e produttore Marino Girolami e da lui impara i trucchi del mestiere.
Castellari introduce nel cinema di genere italiano innovazioni tecniche e stilistiche che diventano negli anni i suoi marchi di fabbrica: zoom, rallenty, giochi di rifrazione e un certo modo di montare le immagini e di usare la musica: «Inventavo le scene dei film per il piacere visivo dello spettatore, che poi è lo stesso che provo io».
A ispirarlo, naturalmente, il cinema americano, a partire da Sam Peckinpah: «Credo non ci sia una sola inquadratura de Il mucchio selvaggio che io non abbia rubato». Furti d’autore che finiscono per metterlo nei guai con la Paramount, preoccupata per l’uscita de Lo squalo 3, dopo l’enorme successo riscosso da Castellari con L’ultimo squalo (1981).
Nonostante il trionfo internazionale, che mette Castellari in contatto con stelle del cinema come Robert Redford, Paul Newman e Clint Eastwood, in Italia la critica lo ignora per anni, tacciando i suoi film di fascismo: «Mio nonno è stato ammazzato per avere in casa un ritratto di Matteotti quindi la mia storia personale non mi rendeva un simpatizzante fascista ma nella mia carriera da regista mi sono sempre rifiutato di schierarmi e ho pagato il prezzo della mia apoliticità».
Il video di Cinecittà Luce Magazine.