di Isabella Weber
Il Noir in Festival festeggia la XXV edizione del Premio Giorgio Scerbanenco che dal 1993 premia il migliore romanzo italiano noir tra tutti quelli pubblicati nell’anno. L’ambito riconoscimento, che ha consacrato in passato autori come Carlo Lucarelli, Giancarlo De Cataldo, Maurizio De Giovanni e Gianrico Carofiglio, è stato quest’anno assegnato a Lissy, il secondo romanzo di Luca D’Andrea edito da Einaudi.
Come da tradizione, gli autori finalisti si sono ritrovati insieme per dialogare con i lettori, in quest’occasione alla Fondazione Feltrinelli a Milano il 4 dicembre. L’incontro è stato moderato da Valerio Calzolaio, membro della giuria letteraria, che ha discusso con il pubblico dei criteri che hanno portato la giuria a selezionare tra i cinque finalisti proprio Lissy insieme a Del dirsi addio (Marcello Fois), Un piede in due scarpe (Bruno Morchio, assente all'incontro), È stato breve il nostro lungo viaggio (Elena Mearini) e il vincitore del Premio del Pubblico L’uomo di casa (Romano De Marco). «Come in tutte le giurie - ha premesso Calzolaio -, anche nella nostra il fattore umano gioca un ruolo importante: ci imponiamo di seguire dei criteri e poi ciascuno di noi è guidato dal proprio gusto personale. Personalmente cerco di privilegiare autori emergenti».
Come sono finiti questi autori nello scaffale nero della letteratura?
«A me è sempre piaciuto essere definito un autore noir - afferma orgoglioso Fois -, trovo che sia un onore essere messo nella stessa categoria di autori come Gadda, Sciascia e naturalmente Scerbanenco: uno scrittore, quest’ultimo, a cui gli scrittori italiani di oggi devono moltissimo e che ha dato per primo una patente alla letteratura di genere».
Qual è il motore dal quale si sono mossi questi romanzi?
«Ho cercato una sfida che mi spingesse a innovare la mia scrittura - spiega De Romano -. Per questo dalle mie precedenti ambientazioni milanesi mi sono spostato in Virginia, uno Stato che conosco bene e di cui mi affascina la qualità della vita e quel buon vicinato che descrivo nel mio romanzo. Ho voluto rendere il contrasto tra una superficie placida e un orrore nascosto».
Il tema della scissione tra un’apparente perfezione e una profonda mostruosità si ritrova anche nel protagonista del romanzo di Mearini: «È proprio dalla scoperta e accettazione della propria parte nera che Cesare ritrova il suo sé più autentico».
Per D’Andrea, invece, i punti di partenza sono stati ritmo e ambientazione: «Volevo scrivere un libro che corresse con il ritmo di un hardboiled ambientato nelle mie montagne in Alto Adige. Il risultato è stato Lissy».
L’incontro degli autori del Premio Scerbanenco è stato solo l’inizio di una serie di Conversazioni in Noir che proseguiranno per l’intera durata del Festival, tra e Milano e Como.