Nella casa non c'è più il mio amico
In foto, Kiarostami nel 2000, quando ricoprì il ruolo di presidente di giuria.
Quando scompare un
grande artista non ci dovrebbe essere posto per i ricordi personali,
quelli in cui il testimone si fa grande all'ombra di chi non c'è più. E
la scomparsa di Abbas Kiarostami è uno di quei terremoti inattesi e
fragorosi che lascia attoniti e in silenzio tutti quelli che lo hanno
amato e riconosciuto maestro e faro della sua cultura.
Eppure
per la famiglia del Noir la sua morte è anche il segno improvviso di
un'assenza dolorosa e personale. Era un giorno d'inverno di ormai troppi
anni fa quando il più grande regista iraniano vivente arrivò, stretto
nella sua giacca a vento, infreddolito e curioso nel paesino alpestre di
Courmayeur con la qualifica di presidente della giuria del festival.
C'era qualcosa di miracoloso in quell'incontro tra due mondi che
apparentemente non avevano ragione di trovarsi: da un lato il cinema di
genere, i delitti, i colpevoli e gli innocenti, dall'altro il poeta
sommesso del dialogo, dell'amicizia, della tolleranza. A permettere
l'incontro era una donna che molto ha contato nelle nostre vite e in
quella di Abbas di cui era amica sincera e "ambasciatrice" italiana:
Elisa Resegotti che poi avrebbe curato la bellissima mostra di
Kiarostami fotografo per il Museo del Cinema di Torino. Grazie a lei
quell'uomo schivo che non toglieva mai gli occhiali scuri salì in
montagna con la curiosità inquieta e divertita di chi esplora un
continente nuovo.
E Kiarostami fu così giudice assennato e puntuale,
regista in scena del festival come quando decise di filmare le facce e
le emozioni del pubblico puntando la sua cinepresa sui loro volti
anziché sullo schermo. A ben vedere la sintonia si rivelò presto più
profonda del previsto perché in ogni suo film c'è una ricerca, c'è la
traccia di un'inchiesta sul campo, c'è quel desiderio di scoprire il
lato segreto delle cose e delle persone che è di ogni grande detective.
Così oggi capiamo che non stiamo salutando solo un amico che lascia un
vuoto profondo, ma anche uno dei più formidabili detective del nostro
tempo; uno dei pochi che non si accontentava di "cercare la forma di
verità più vicina possibile al vero" come dicono i veri reporter, bensì
di restituire verità alla vita delle persone che finivano nel campo
magico del suo obiettivo. Grazie Abbas, per tutto quello che ci hai
fatto capire e vedere.
Giorgio Gosetti