XXV edizione
8/13 Dicembre 2015

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Quel genio dell’intuizione al cinema. Un saluto a Callisto Cosulich

Erano in tre nella casa di Via Massaciuccoli a Roma: Gillo, Franco e Callisto. Erano Pontecorvo, Giraldi e Cosulich, improbabile trio capace di scherzi, utopie, genialità in cui Callisto, britannico come Raimondo Vianello e acuto come Tullio (Kezich), non era il più giovane ma certo il più "candido", immerso nel suo sogno di raccontare un cinema che avrebbe cambiato il mondo.
Erano in tre i triestini partiti alla conquista di Roma, nell’immediato dopoguerra: il serio Tullio, lo svagato Callisto (ma solo all’apparenza), il cucciolo Franco che come i "fratelli maggiori" si fa le ossa come critico (a "L’Unità") ma poi impara il mestiere del set con Gillo Pontecorvo. Da regista Giraldi si sarebbe ritagliato un posto tutto suo nella storia del nostro cinema, mentre gli altri due sarebbero diventati i dioscuri della critica, i "Kezulich" di tante pagine bellissime da cui ciascuno di noi avrebbe imparato l’onestà del pensiero, la bellezza dello stile, la coerenza  delle scelte.
Ho incontrato per la prima volta Callisto (ma le nostre famiglie si conoscevano bene ed ero cresciuto nel mito di quella "pecora nera" che aveva dirazzato dalla tradizione marinara di casa sua) a Cattolica nel settembre del 1980, prima edizione del MystFest fondato da Felice Laudadio. Callisto presiedeva con sorniona competenza un convegno su Raymond Chandler e il cinema, quando ancora nessuno nella critica nostrana era disposto a dare quarti di nobiltà al genere poliziesco. Fu gentile, attento, lesse con cura le mie dilettantesche note e… mi rimandò a settembre dell’anno dopo.
Tra i membri fondatori del nuovissimo festival del Giallo e del Mistero, Cosulich ne rimase una colonna per tutto il decennio, accompagnando poi la nascita del Noir in Festival nel 1991. Sarebbe davvero riduttivo schiacciare il profilo del critico e dell’intellettuale su un genere che pure lo intrigava e lo divertiva molto, fino al punto di dar spazio nella bella sezione della Storia del Cinema Italiano di "Bianco e Nero" dedicata agli anni ’50 a un intero capitolo sui rapporti con la cronaca nera e il realismo impegnato. Di lui in questi giorni si legge la biografia ricca di storie uniche e bellissime: dal cineforum sulla tolda della nave di cui era ufficiale al porto di Genova alla nascita dei cineclub, dalle inchieste su ABC alle recensioni per "Paese Sera" , fino ai libri e agli interventi pubblici.
Ma pochi vorranno testimoniare oggi di una dote che Callisto aveva più di ogni altro: quella di entrare in una misteriosa sintonia con i film (quasi tutti) che avrebbe poi recensito:  una dote innata che lo portava a intuire ancor prima di capire, a immaginare insieme al regista lasciando che personaggi e storie prendessero vita davanti ai suoi occhi e nella sua mente. Era un esercizio d’immaginazione e di verifica critica che sapeva compiere come nessuno e che lo rendeva talvolta co-autore dei film che vedeva, in grado di comprenderli insieme e prima del loro autore.  Difficile immaginare qualcosa di simile nella critica di oggi.
Lo ricordo invece nel suo amato Lido di Venezia: alto nella luce tersa del primo mattino, in accappatoio bianco, usciva dall’albergo prima che il popolo dei cinefili si mettesse in moto. Andava in spiaggia, cercando forse nella solitudine dell’acqua il ricordo del suo mare e la solitudine limpida del pensare. Testimone e protagonista di un tempo felice che non c’è più.