Non ha bisogno di presentazioni Dario Argento, ospite fisso del Festival e figura cardinale del cinema di genere italiano, la cui estetica negli anni ha fatto scuola trovando, soprattutto all'estero, numerosissimi estimatori e imitatori. Mentre è al lavoro sull'adattamento cinematografico della celebre serie a fumetti Sandman, di Neil Gaiman, in un progetto che vede coinvolto Iggy Pop, Argento si è concesso per la prima volta un'escursione nella letteratura, mettendosi a nudo in un'autobiografia dal titolo evocativo, Paura: «Erano state scritte tante cose su di me e sentivo l'esigenza di raccontare con estrema sincerità la mia versione dei fatti. Avevo letto una biografia, La lanterna magica, in cui Bergman raccontava tutta la verità su di sé, inclusi i momenti imbarazzanti. Ecco, in queste 350 pagine racconto il massimo di ciò che si poteva raccontare della mia vita».
Un maestro dell'horror come Argento, che ha regalato al suo pubblico decenni di spaventi, di cosa ha paura? Con grande serenità, confessa: «Le mie paure sono metafisiche, trascendentali, inspiegabili, paure della mia anima. Paure di presenze, possessioni, dei corridoi, delle piazze, delle scale, delle finestre. Sono queste le mie ossessioni, che poi ricorrono nei miei film, perché penso di saperle esprimere al meglio».
C’è anche un altro aspetto di se stesso che inquieta Argento: «Ho dubbi sulla memoria, che a volte ci restituisce immagini non esatte, filtrate dal proprio inconscio e vissuto. Il testimone oculare è la persona meno attendibile che esista. La mente è fallace».
Tra le figure che più hanno avuto peso nella carriera di Dario Argento, non solo Michelangelo Antonioni e George Romero, ma anche Sigmund Freud: «Arrivò molto presto nella mia vita, quando ancora ragazzino ebbi una malattia che mi costrinse per lungo tempo a letto. All'epoca non capivo bene il senso dei suoi libri, che avevo voracemente divorato; poi, con il tempo, ho compreso che senza Freud il mondo oggi sarebbe completamente diverso».