di Adrian
Wootton
John
le Carré (1931, Poole, Dorset) è attualmente il romanziere più prolifico,
popolare e apprezzato dalla critica, rinomato autore di libri di spionaggio in
lingua inglese. Dopo il suo primo libro, Chiamata
per il morto, del 1961, ha pubblicato altri ventitre romanzi e storie
brevi, riscuotendo grande successo e numerosi premi in tutto il mondo, fra cui
il Raymond Chandler Award al Noir in Festival 2001.
Fin
dai suoi esordi, ha inaugurato un nuovo genere di spionaggio, con un
protagonista che può essere definito l'antitesi di James Bond, Matt Helm e
persino di Richard Hannay: un intellettuale introspettivo, fisicamente poco
attraente, un anziano detective di nome George Smiley, che, nel corso di otto
romanzi, scritti fra il 1961 e il 1990, è apparso sia come personaggio
principale che secondario, anche nel best-seller che ha consacrato le Carré a
livello internazionale: La spia che venne
dal freddo, del 1963. Smiley è un idealista tormentato, un disperato
romantico, un gentiluomo inglese vecchio stampo, saltuario docente
universitario. È anche un brillante e spietato maestro dello spionaggio, i cui
continui tradimenti da parte della moglie Anne, costituiscono il suo tallone
d'Achille, e ciò che alla fine lo porterà ad affrontare e a distruggere il suo
acerrimo avversario/nemico nella magistrale "Trilogia di Karla": La talpa (1974), L'onorevole scolaro (1977) e Tutti
gli uomini di Smiley (1979).
Nel creare Smiley e il complesso mondo politico e moralmente ambiguo dell'intelligence britannica (il cosiddetto "Circus"), le Carré ha cambiato per sempre la narrativa dello spionaggio, connotando le sue storie e i suoi personaggi con autentica durezza e reale desolazione. Ha inoltre introdotto una vasta nomenclatura per etichettare e descrivere le pratiche dello spionaggio, con una varietà di nuovi termini che sono entrati a far parte del lessico comune relativo a questo genere (i "lampionai", le "ombre", ecc). All'inizio della sua carriera, la diffusione della sua nuova visione della letteratura di spionaggio, è stata aiutata immensamente dal regolare adattamento cinematografico dei suoi libri, iniziato con il cupo film anglo-americano brillantemente diretto da Martin Ritt tratto da La spia che venne dal freddo, girato nel 1964 e distribuito nel 1965, che presto celebrerà il suo cinquantesimo anniversario. Di recente le Carré ha raccontato le sue esperienze cinematografiche, e in particolare la sua collaborazione ai dialoghi con la volubile star Richard Burton, in The Spy Who Liked Me (The New Yorker, 15 aprile 2013). Ma al di là della presenza di Burton e di una regia alquanto anticonformista, La spia che venne dal freddo, a distanza di cinquanta anni è ancora degno di nota per aver introdotto il personaggio di George Smiley (anche se piuttosto brevemente), per la prima volta sullo schermo. Nonostante fosse relegato a poche apparizioni, questo personaggio con il tempo è diventato un elemento chiave nell'universo di le Carré, ed è stato inizialmente impersonato da Rupert Davies, che negli anni Sessanta era un noto attore inglese. Grazie alla sua interpretazione televisiva del leggendario detective francese Maigret, ideato da George Simenon, Davies si era ricavato per sempre un posto nel cuore del pubblico inglese. Questo è forse il motivo per cui gli fu affidato anche il ruolo del più importante personaggio di le Carré.
Da
allora abbiamo assistito a tanti adattamenti, ottimi, mediocri e talvolta
scarsi, dei libri di le Carré (per un totale di dieci film, tre serie
televisive e un film per la televisione, il tutto fra il 1965 e il 2014) in cui
l'autore stesso ha partecipato in vari ruoli, ottenendo un crescente controllo
creativo nel corso degli anni.
George
Smiley è sempre presente in questi adattamenti. Dopo Rupert Davis, toccò a
James Mason vestirne i panni, nel film diretto da Sidney Lumet nel 1966 Chiamata
per il morto (Un delitto di classe),
anche se per motivi di copyright aveva preso il nome di Charlie Dobbs.
Smiley avrebbe dovuto apparire anche nel terzo film tratto dall'opera di le
Carré, per la regia di Frank Pierson: Lo
specchio delle spie, del 1969, ma i produttori, forse incautamente, lo
eliminarono dal copione, nonostante fosse presente nel romanzo originale.
A
un certo punto ci fu un'interruzione degli adattamenti dei libri di le Carré e
solo quando, grazie al diretto supporto e coinvolgimento dell'autore, la BBC
decise di commissionare una versione in più parti de La talpa per la televisione inglese, Smiley fece il suo ritorno
sullo schermo. Stavolta, nel 1979, il personaggio fu brillantemente
interpretato dal leggendario Alec Guinness (che l'autore scelse personalmente
sulla scia della rinnovata popolarità di cui godeva l'attore, dopo le sue
apparizioni nei film di Star Wars) e la serie ebbe un grande successo,
regalando la notorietà sia a le Carré che a Smiley. Guinness fu particolarmente
elogiato dal pubblico e dalla critica per aver interpretato la versione
perfetta di Smiley, incarnando tutta la sua intelligenza, le sue
contraddizioni, i suoi conflitti, una debolezza fin troppo evidente e una
grande forza interiore.
Il
successo della serie fu tale, che la BBC ne fece un seguito, tralasciando, per
motivi economici, il secondo volume della trilogia L’onorevole scolaro, e rivolgendosi direttamente all'ultimo
capitolo, Tutti gli uomini di Smiley.
Anche a causa dell'indisponibilità dello sceneggiatore originale, le Carré,
contrariamente al solito, collaborò a scrivere il copione di questo adattamento
televisivo e il risultato, nel 1982, fu un successo persino maggiore.
Subito
dopo, si parlò per qualche tempo di un’ulteriore apparizione di Smiley/Guiness
ma nonostante la possibilità di adattare un altro libro (The Secret Pilgrim
Il visitatore segreto), l’attore si sentì improvvisamente troppo vecchio
per rendere ancora giustizia a una delle sue più straordinarie
interpretazioni, e l’idea semplicemente,
decadde.
Dopo
un'altra lunga pausa di Smiley (mentre venivano sviluppati e realizzati altri
film tratti dalle opere di le Carre), nel 1991, senza grande clamore, è stato
prodotto, il film per la televisione tratto dal suo secondo romanzo, Un delitto di classe, la cui
sceneggiatura ancora una volta era firmata dall'autore stesso. Questa versione
presentava lo stimato attore inglese di cinema e televisione, Denholm Elliott,
in un'ottima interpretazione di Smiley. Elliott vanta una lunga carriera, in
cui sicuramente spiccano i film di Indiana Jones nonché la sua apparizione
nella parodia dal titolo La spia dal naso
freddo, uscito nel 1966. Un delitto
di classe è stato molto apprezzato, anche se purtroppo rappresenta il suo
canto del cigno, dato che, a distanza di un anno, nel 1992, l'attore è
improvvisamente scomparso.
Dovevano
trascorrere altri vent'anni prima che Smiley tornasse sul grande schermo, al di
là di alcune versioni radiofoniche. Nel 2011, con il sostegno e il contributo
di le Carré, la società di produzione inglese Working Title, con il supporto di
Studio Canal e la regia del neofita Tomas Alfredson, ha realizzato il remake
per il grande schermo, del classico La
talpa, con un cast stellare inglese, capitanato dal brillante Gary Oldman
nei panni di Smiley. Nonostante la perfezione di Alec Guiness, anche Oldman è
stato una rivelazione nei panni di questo personaggio degli anni Settanta,
incarnando la sua esistenza dolce-amara per una nuova generazione di pubblico.
Giustamente nominato all'Oscar come Migliore Attore nel 2012, Oldman è stato
però ingiustamente scavalcato dal protagonista del film che ha sbancato agli
Academy Awards, The Artist. Ma grazie a Oldman abbiamo rivisto Smiley in
tutta la sua logora, malinconica, acuta e stanca intelligenza. E la stessa squadra si ritroverà nel 2016, per una nuova
versione cinematografica di Tutti gli
uomini di Smiley, un nuovo progetto
a dir poco allettante. E pensare che tutto questo è iniziato cinquanta anni
fa, con il primo film tratto da un libro
di le Carré, e con Rupert Davies che per la prima volta vestiva i panni del
protagonista.