XXIII edizione
10/15 Dicembre 2013

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La faccia nera del franchismo
Cinema poliziesco barcellonese

di Esteve Riambau
Direttore della Filmoteca de Catalunya

Se gli accesi discorsi della sommossa fascista che portò Franco al potere furono una delle grandi tendenze del cinema spagnolo negli anni Quaranta, il cinema religioso si impose nel decennio successivo.
La censura era rigida e, oltre a quella ufficiale, si estendeva ai vari organi di potere di uno stato repressivo: la Chiesa e le forze dell’ordine. Curiosamente, fu proprio a partire da queste ultime che il cinema spagnolo riuscì a sviluppare un genere, il poliziesco, che introduceva elementi moderatamente critici dal punto di vista sociale e adattava modelli cinematografici e letterari internazionali.

Il cinema noir nordamericano, più che il francese, e in special modo le produzioni di serie B furono il modello di riferimento per circa sessantacinque film che, tra il 1950 e il 1963, riuscirono a riflettere i problemi sociali della Spagna dell’epoca - il crimine, la prostituzione e la miseria - senza intorbidire la reputazione di un corpo di polizia assolutamente indiscutibile in un paese autoritario. Il fatto che molti film fossero prodotti a Barcellona da imprese locali spiega che si trattava di produzioni modeste che sostituirono le riprese in studio con quelle in scenari della vita quotidiana e, con esse, si trasformarono in verosimili ritratti dell’ambiente urbano della capitale catalana, eletta come vera protagonista di alcuni di questi film. Come leit-motiv per la pubblicità dell’uscita, Relato policìaco (Antonio Isasi Isasmendi, 1954) non esitò a imporsi come il «primo film spagnolo interamente verista».

Il voice-over che si sente all’inizio di Apartado de correos 1001 (Julio Salvador, 1950) sintetizza tutte queste considerazioni attraverso il linguaggio tipico dell’epoca: «Emisora Films, sempre all’avanguardia nel cinema nazionale, ha voluto realizzare un film diverso dagli altri. Un film che incorpora per la prima volta sui nostri schermi il sentimento realista dell’attualità più palpitante. La storia si basa su uno dei molti casi che disgraziatamente accadono ogni giorno in una qualunque grande città. È la storia silenziosa e altruista di alcuni uomini che per vocazione e onestà rischiano la propria vita al solo scopo di difendere la società da tutti coloro che cercano di rovinarla. Questo film è stato girato nelle stesse strade, piazze, negli stessi edifici ed esterni nei quali si suppone sarebbero potuti accadere i fatti raccontati».

Al margine del carattere innovativo di questo genere nel cinema spagnolo, della rivendicazione di un realismo che la censura negava sistematicamente a qualunque produzione dell’epoca - presieduti dal confronto tra ispettori giovani e veterani o lo sviluppo di un prototipo nostrano di femme fatale -, quel che il prologo di Apartado de correos 1001 non rendeva esplicito era la feroce competenza che mantenne con Brigada criminal (Ignacio F. Iquino, 1950). I rispettivi produttori, Francisco Ariza e Ignacio F. Inquino, polarizzarono in questi film il conflitto personale che portò il secondo ad abbandonare l’azienda del primo, suo cognato, per dedicarsi ai propri progetti. Risulta difficile stabilire chi copiò chi, ma è certo che le coincidenze stilistiche e narrative dei due film non furono casuali e, da quel momento diventarono una tendenza ricorrente che si sviluppò fino ai primi anni Sessanta.

Oltre a questi due titoli fondanti, la presente retrospettiva include due film diretti da Josep María Forn - Yo maté (1955) e ¿Pena de muerte? (1962) - e altri due realizzati da Francisco Rovira-Beleta: Hay un camino a la derecha (1953) e Los atracadores (1962). Antonio Isasi Isasmendi, sceneggiatore e montatore di Apartado de correos 1001, debuttò come regista con Relato policíaco, con protagonisti Conrado San Martìn, il giovane seduttore del film precedente. La produzione era la Balcàzar, l’impresa barcellonese che, prima di cavalcare il filone delle coproduzioni europee di film western e agenti segreti, mosse i primi passi nel cinema poliziesco fatto da registi debuttanti, come nei casi di Forn con Yo maté e Paco Pérez Dolz con A tiro limpio (1963). IFI, a sua volta, oltre a produrre Brigada criminal, realizzò Mercado prohibido (Xavier Setò, 1952). Sono rintracciabili altre coincidenze: Josè Suarez, protagonista di questo film, lo si era visto anche in Brigada criminal mentre il seduttore Juliàn Mateos figura nel cast di No dispares contra mi (Josè Marìa Nunes, 1961) e Los atracadores. La maggior parte di questi film erano produzioni di serie B la cui modestia li ha tenuti ben lontani dal successo al botteghino.

Il contesto naturale di questi film erano le opere teatrali riadattate, le serie radiofoniche, il genere comico o diverse collezioni di novelle popolari. Critici e cinefili spagnoli apprezzarono molto i riferimenti al cinema nordamericano in forma di omaggio, come quello che Apartado de correos 1001 tributa al protagonista dello scenario urbano di La casa della 92ma strada (Henry Hathaway, 1945) o il finale nel parco divertimenti che rimanda a La signora di Shanghai (Orson Welles, 1948). Fino all’ultimo respiro (Jean-Luc Godard, 1959) appare nello sfondo di No dispares contra mi ma in questi giochi di influenze, questi film acquisirono una personalità propria che, in quel momento fu criticata da Madrid. A partire dall’esempio de Los atracadores, la rivista di sinistra «Nuestro Cine» parlò sdegnata di «questo cinema di gangster da strapazzo, di reticenti giovani buoni a nulla, di ostentazioni formali della peggior specie, di loschi affari di contrabbando, di castissime morbosità sessuali».

Oltre cinquant’anni più tardi, senza dubbio, il cinema poliziesco apparso con le imprese barcellonesi, continua ad attirare l’attenzione come intreccio atipico di percorsi tra le influenze del film noir hollywoodiano e un elogio della polizia locale esecutrice del carattere repressivo del franchismo, tra un ritratto realista dell’ambiente urbano di Barcellona - con eccezioni a Madrid (Brigada Criminal) ed estensioni per tutta la Catalogna (Relato Policiaco) - e un contesto estetico in quell’epoca dominato da decoratori di cartongesso, tra alcuni cineasti di Madrid il cui valore artistico si misurava con la pomposità dei loro film e alcuni artigiani che, a Barcellona, usarono il loro talento per la narrazione di storie di guardie e ladri. Nel cinema catalano ci sono stati importanti pionieri come Segundo de Chomòn, cineasti impegnati come quelli che girarono notiziari di propaganda repubblicana durante la guerra civile o movimenti di avanguardia come la Scuola di Barcelona. Ma anche un cinema di genere, in questo caso poliziesco, che cercò il suo spazio tra la mimesi e la creazione per catturare un pubblico che, come minimo, apprezzasse i tentativi di eludere l’asfissia provocata dalla censura franchista.

Traduzione simultanea di: Carla Bellucci