Il 13 dicembre, giornata dedicata a Santa Lucia, la protettrice della Svezia, è finalmente arrivato a Courmayeur, Henning Mankell, premio Chandler 2013, e inventore della serie dedicata al poliziotto Kurt Wallander, dieci libri a lui dedicati e diverse trasposizioni al cinema e in televisione (prossimamente in onda in Italia, sul canale della Feltrinelli, la serie interpretata da Kenneth Branagh e prodotta dalla BBC).
Scrittore, autore teatrale, uomo molto impegnato politicamente, Mankell condivide con Wallander pochissime cose, soprattutto l’età e l’amore per l’Opera lirica italiana.
La nascita di Wallander (oltre di 40 milioni di copie vendute, delle quali una in Italia), Mankell la fa risalire a una data precisa, il 19 maggio del 1989, quando viveva nel Sud della Svezia. Al termine di una passeggiata ha deciso che doveva scrivere un romanzo sul problema della xenofobia e del fallimento dell’esperienza socialdemocratica in Svezia. Tornato a casa ha cercato sull’elenco telefonico un cognome tipico della zona, che potesse andare bene, e la scelta è caduta su Wallander, un cognome non troppo frequente, lungo e che aveva quindi bisogno di un nome breve: Kurt, appunto.
Da allora hanno avuto inizio le avventure del personaggio di Ystad, un poliziotto che è cambiato nel tempo: è invecchiato, si è ammalato (all’inizio di diabete, poi subentrerà l’Alzheimer), ha divorziato e ha avuto problemi con la figlia (anche lei, protagonista di un romanzo). Wallander non è un uomo politicamente corretto. "Io con lui ho pochissimo in comune - dice Mankell - ma anche lui fa parte del nostro mondo, un mondo dove è sempre attuale la frase di Balzac per il quale "dietro ogni fortuna c’è un delitto". E io parlo di questo. Le più grandi ricchezze sono legate al traffico di droga, di esseri umani o di armi. Ed è incredibile vedere questi grandissimi yatch, simboli di queste ricchezze, in cui nemmeno gli equipaggi sanno dire chi è il proprietario".
Mankell, che si considera una sorta di locomotiva per il giallo svedese (un po’ come è successo per Borg con il tennis), non ha scritto solo le avventure del commissario. Ha vissuto per lungo tempo in Africa, soprattutto in Mozambico, dove ha curato il teatro nazionale, scrivendo anche parecchi testi, tra i quali, ha tenuto a ricordare, Lampedusa, una sorta di pamphlet sul problema dell’immigrazione: "nessuno vuole vivere in un mondo nel quale ci sono persone che muoiono sulle coste delle spiagge. E Lampedusa non è solo un problema italiano, ma è un problema di tutta l’Europa. Per questo io penso che l’isola siciliana dovrebbe essere la capitale di questa Europa, perché da questi problemi non si può sfuggire. Quando ho scritto il primo libro dedicato a Wallander, il problema del razzismo era già enorme, ma oggi non è cambiato nulla, anzi la situazione si è perfino aggravata, e quel romanzo mantiene ancora tutta intatta la sua attualità. E la nostra responsabilità è enorme, perché il razzismo è un prodotto della nostra cultura, attraverso il quale siamo riusciti a giustificare le nostre politiche colonialiste".
Il terzo punto che accomuna Wallander e Mankell, è l'assenza di pigrizia. Mankell continua a scrivere tantissimo. Ha appena terminato un nuovo lavoro, una serie televisiva in dieci puntate, L'ambasciata, che racconta dell'arrivo di una nuova ambasciatrice svedese in una non precisata capitale, facendosi immediatamente numerosi nemici.